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Al di qua del bene e del male

di Gianmarco Botti

Chi segue i recenti casi di cronaca politico-giudiziaria in Italia e poi va a vedere i sondaggi d’opinione, le dichiarazioni della gente e le previsioni elettorali, inevitabilmente nota che c’è qualcosa che non va. L’impressione è che si sia persa la capacità di discernimento e di coscienza critica, e che ormai possa passare davvero tutto. Certo, i confini talvolta sono più labili di quanto si pensi e non è facile dare giudizi netti all’interno di una realtà che si fa sempre più doppia, dominata com’è dall’ambiguità che pare davvero la cifra del nostro tempo. Questo lo sanno bene gli orientali, che nel millenario, enigmatico simbolo dello Taijitu (lo Yin e lo Yang, per intenderci) hanno raffigurato quella che, in Grecia, Eraclito definiva armonia degli opposti. Non c’è buio senza luce, notte senza giorno, morte senza vita. Male senza bene. Un’intuizione straordinariamente valida quella di rappresentare il nero e il bianco come parti di un’unica immagine, il lato in ombra della collina e quello soleggiato. Il problema è che oggi, almeno dalle nostre parti, l’unione-opposizione dei due colori pare abbia ceduto il posto ad una zona grigia che copre ogni cosa. Bene e male appaiono categorie del passato, valide semmai soltanto in un discorso di carattere religioso. E dire che fino a ieri erano forze in grado di mobilitare le coscienze di intere popolazioni nell’arena politica internazionale. Basta tornare con la mente a quel momento di rinascita democratica dopo il ventennio fascista che furono le elezioni del 1948, in cui lo spettro della guerra fredda ispirò una simbologia epica che animò entrambe le parti ad un tenace scontro con l’avversario (gli Stati Uniti o l’URSS). Ancora negli anni ’80 il presidente Ronald Reagan stimolerà l’orgoglio della sua nazione parlando del nemico di sempre, l’Unione Sovietica, come dell’“impero del male”. Oggi, in Italia, simili schemi vengono talvolta riproposti, ma in una versione decisamente degradata: un fantomatico “partito dell’amore” contrapposto ad un altro che si nutrirebbe di “invidia” e di “odio”. La questione, ovviamente, non è solo politica. Si assiste ad un generale abbassamento della tensione morale. Pare che il bene sia diventato banale, per parafrasare un celebre scritto di Hannah Arendt. E così pure il male. Chiamatela come meglio credete, “crisi dei valori”, “disorientamento morale” . Fatto sta che nel momento in cui i parametri si annullano, i fari si spengono, ci si trova a brancolare nel buio di quella “notte in cui tutte le vacche sono nere”, per dirla con Hegel. A quel punto davvero può succedere di tutto. E così su un fronte vedi l’emergere del fondamentalismo religioso, soprattutto di matrice islamica, che crede di compiere il bene e la volontà di Dio con il terrore e la morte; su quello opposto ti trovi davanti le crociate di ogni tempo, come quelle con cui Bush voleva portare la pace per mezzo della guerra, la democrazia attraverso la violenza. Non più il mondo fatto di luci e ombre della filosofia orientale, ma una realtà in cui queste si sovrappongono finchè la luce diviene ombra, l’ombra diviene luce. È un secondo peccato originale: se il primo consisteva nell’aver colto il frutto della conoscenza del bene e del male, adesso sembra che di questo frutto l’uomo si sia sbarazzato. E così ha perso anche quella ricchezza nella quale, in età rinascimentale, veniva riconosciuto il fondamento della sua dignità e libertà: quell’essere sospeso a metà fra gli angeli e i bruti. È l’ambiguo, inquietante tesoro, che la letteratura di ogni tempo ha cercato di rappresentare: lo sdoppiamento della coscienza umana cui Stevenson ha dato la fisionomia dell’integerrimo dott. Jekkyl e insieme del mostruoso mr. Hyde. Quelle due nature racchiuse in un solo uomo, sono le stesse che costituiscono il contesto sociale in cui ci troviamo. Qui il mio pensiero va in particolare alla nostra città di Napoli, che è il teatro dove ogni giorno si affrontano le forze del bene, quelle sane cui fa appello costantemente il cardinale Sepe ed insieme a lui tanti altri che ne costituiscono la coscienza morale e civile; e quelle del male, nutrite dal potere del malaffare e dall’arroganza della criminalità organizzata. Un eterno scontro che trova un’efficace rappresentazione nell’ottima fiction “La nuova squadra”: il commissariato Spaccanapoli e i suoi uomini si trovano a combattere strenuamente contro delle forze che non risparmiano di insidiarlo neppure dall’interno. Per decidere da che parte stare, il primo passo è riconoscere le due parti in gioco. “Quando avevo la tua età, i preti ci dicevano che potevamo diventare poliziotti o criminali” dice il gangster interpretato da Jack Nicholson al giovane Matt Damon in “The Departed”, la pellicola di Scorsese dall’evocativo sottotitolo “Il bene e il male”. “Oggi quello che ti dico io è questo: quando hai davanti una pistola carica, qual è la differenza?”. La differenza la facciamo noi. “Le creature voltano le spalle allo yin | e volgono il volto allo yang” dice l’antico filosofo cinese Lao Tzu.