di Fabrizio Romano
L’allarme non si sente ma è suonato, eccome. Ormai possiamo dirlo senza più timore, dopo aver visto Milan e Roma rappresentarci in campo europeo e incrociando le dita per l’Inter di Leonardo che non fa ben sperare, viste le vagonate di gol che subisce e un Milito in infermeria: la differenza tra le nostre squadre e quelle degli altri principali campionati europei, spagnole e inglesi su tutte, è ormai abissale. Sarebbe bastata la lezione di gioco del Tottenham impressa a quel Milan che è titano della Serie A a San Siro per far capire quanto sia grave la situazione, con i rossoneri diventati piccoli più che mai di fronte alla quarta in classifica della Premier (tra l’altro priva della sua stella Bale), ma il silenzioso uragano Shakhtar che si è abbattuto sulla modesta Roma di Ranieri è stato doloroso non solo per i tifosi giallorossi, ma per tutto il nostro calcio, ferito ancor di più dalla partita che contemporaneamente attirava l’Europa che conta, uno spettacolare Arsenal-Barcellona che sembrava giocato su un altro pianeta.
Proprio così, due scuole di calcio che sembravano sfidarsi in un film. Invece era tutto vero, chiedere a Londra, dalle parti dell’Emirates. Mentre in Inghilterra andava in scena lo spettacolo di un gioco fatto di palla bassa, tocchi di prima e reti stupende con uno stadio meravigliosamente stracolmo a fare da contorno, nella nostra Capitale naufragava definitivamente il nostro pallone ormai diventato provinciale, rintanato come il Milan del primo tempo di ieri sera, costretto a subire quasi senza forze. E non è questione di uomini – ci sono i De Rossi, gli Ibrahimovic – bensì di mentalità. Quella italiana è al momento tristemente buia e senza futuro, risplende invece lo spettacolo di Messi e Xavi che giocano all’Emirates come per strada, di un Arsenal che sorpassa in maniera stupenda, senza mai temere e giocando costantemente a viso aperto, anche dopo lo schiaffone di Villa.
Insomma, in quell’Arsenal, in quel Barça e anche in quel Tottenham, si è visto l’incantesimo di un calcio proiettato nel futuro grazie ad un’idea che parte dal gioco espresso in campo e riflesso sugli spalti, un incantesimo simile ad una musica soave che diventa melodia inaccostabile quando le italiane provano a far esaltare la propria orchestra. Si pensa forse troppo al perdere quel posto Champions, e dunque al coefficiente Uefa, senza calcolare il terrificante baratro che si prospetta per il nostro pallone se tutto dovesse continuare così. A volte, cambiare canale potrebbe far bene. In Sudafrica, la Nazionale di Lippi ci ha costretti ed è stato un segnale fin troppo chiaro per nasconderlo con l’arrivo di Prandelli, l’anno scorso ci ha salvati l’Inter dei miracoli del comandante Mourinho, quest’anno sembra davvero non esserci scampo. Ma bisogna inizare a capire che in questa maniera non si può andare avanti: bastava un’azione qualsiasi di Arsenal-Barça perché sulla partita dell’Olimpico – aldilà delle scelte di cuore – non ci si tornasse più…