di Roberto P. Ormanni
Quando il sipario viene calato sul palco del San Carlo, la platea stracolma è tutta in piedi. Gli spettatori sono euforici e l’aria che si respira è elettrica. L’etichetta “quasi acustico”, sulla locandina, dice tutto: proprio non ce l’ha fatta, Ligabue, a preparare un tour “tutto” acustico.
Le porte del primo teatro d’Europa, rimaste chiuse persino allo Springsteen di Tom Joad, ieri sera, infatti, si sono aperte a un Ligabue intenso e carico. Lo spettacolo quasi sembrava essere un eco dei tour estivi e invernali negli stadi e nei palazzetti, come se il cantautore avesse ancora qualcosa da aggiungere a un discorso lasciato in sospeso.
Calato in una coreografia suggestiva e intimistica, il rocker emiliano ha inaugurato la performance con delicatezza: una chitarra appena carezzata come accompagnamento alla tenera Cosa vuoi che sia. Eppure, già dal secondo pezzo, il pubblico ha potuto apprezzare i suoni della band che segue Ligabue in questo “giro dei teatri”: Michael Urbano alla batteria, Kaveh Rastegar al basso e contrabbasso, Luciano Luisi alle tastiere e Mel Previte alle chitarre e al mandolino.
Due ore e mezza di musica, che hanno lasciato spazio ad aneddoti confidenziali, discorsi inconfessati e allegri siparietti. Offerti i grandi successi di repertorio e i pezzi estratti dall’ultimo album “Arrivederci,mostro!”, l’artista non ha mancato di riprendere qualche vecchia melodia perché “a volte le canzoni sono capricciose – spiega Ligabue – e alcune restano nascoste per tanto tempo ed è necessario tirarle di nuovo fuori”.
Un sola breve pausa, ha diviso un primo atto leggero, lanciato direttamente alle corde del cuore, da un secondo tempo decisamente più animato, durante il quale le poltrone della sala non sono riuscite a trattenere nessuno dei presenti. Neanche delle catene sarebbero bastate: dopo due ore di concerto, infatti, file e palchi sono scoppiati e tutti i presenti hanno dato vita ad un’atmosfera micidiale, da stadio.
La cornice perfetta del teatro, poi, ha lasciato spazio ai tre bis che hanno incantato il pubblico della città, che stasera bisserà al teatro Bellini.
II saluto regalato in chiusura, animato da un forte senso di speranza e riempito da un secco invito a rimboccarsi le maniche, lascia una poetica magica nell’aria. “Come se gli angeli fossero lì a dire che sì, è tutto possibile” , racconta Ligabue dai versi di “Buonanotte all’Italia”. E continua “Come se i diavoli stessero un po’ a dire di no che son tutte favole”. Così, il cantautore sembra vedere davvero lontano in questa notte italiana, fatta di sogni ma troppo spesso di delusioni.