di Ferruccio De Prisco
Molte volte le persone hanno trovato arduo far convivere la dimensione del relativismo e quella dell’oggettività. Io stesso pur credendo nella relatività del pensiero che salvaguarderebbe il pensato individuale da quello delle grandi masse omologate nel ragionamento, ho sempre ritenuto impossibile indicare la dimensione soggettiva come l’unica via possibile. Essa da sola, infatti, minerebbe qualsiasi tipo di certezza umana facendo cadere l’uomo nell’oscurantismo del discorso sofistico, alla cui base risiede proprio la possibilità di manovrare i ragionamenti a proprio piacimento in assenza di principi certi grazie ai quali, invece, non si potrebbe giocare con il significato positivo o negativo delle medesime parole a seconda del contesto in cui vengono utilizzate. Eppure esistono persone che dinnanzi a questo problema, non si interrogano sul come vincerlo, ma scelgono un’altra strada altrettanto fallace. Questi sono coloro i quali credono che il mondo sia domato unicamente da principi certi ed oggettivi senza che venga lasciato spazio all’iniziativa dell’individualità umana.
Sicuramente queste persone avrebbero assolutamente ragione se gli uomini assaporando tutti un medesimo cibo esprimessero lo stesso parere. Ciò non accade ed è dunque chiaro che oltre ad una dimensione del certo oggettivo, esiste anche una dimensione del parere soggettivo. Va detto come mentre la dimensione dell’oggettivo sia una dimensione esistente indipendentemente da noi, quella soggettiva deve essere imputata alla nostra esistenza e soprattutto all’esistenza di un minimo di due individui o due oggetti o due animali. Tale principio verrà spiegato successivamente. C’è però bisogno di una maggiore distinzione dei campi in cui si muovono la dimensione relativa ed oggettiva.
Attraverso il relativismo un individuo può affermare che una cosa è sia buona che cattiva. Tale dimensione soggettiva, però, non potrà mai minare l’affermazione secondo cui l’uomo deriverebbe dalla scimmia. E’ dunque chiaro, riferito in precedenza, che per logica, il relativismo è un nostro dato interno che riguarda esclusivamente i gusti o i pareri. Si può dimostrare che una cosa sia più buona di un’altra o che un uomo sia più cattivo? Impossibile per l’uomo. Sono dunque i gusti e i pareri che non possono essere elevati a dati oggettivi della conoscenza umana. Non potendo dire oggettivamente se un piatto è più gustoso di un altro, dal momento che il gusto ed il parere siano riportati unicamente al mio io, le due proposizioni: “Il piatto è gustoso” e “Il piatto non è gustoso”, tenderanno ad assumere il medesimo valore dal momento che non si può né confermare con oggettività una, né negare con altrettanta oggettività l’altra.
Su questo tipo di meccanismo si fondano i discorsi sofistici e qualsiasi altro artificio retorico. Il pensiero relativo è un diretto prodotto del nostro carattere che può essere nel corso della vita modificato. Tutto ciò di cui si possa dire una cosa ed il suo contrario appartiene alla sfera relativa e su ciò non è possibile asserire nulla. Credo sia ormai chiaro come la soluzione del rapporto tra dimensione relativa e oggettiva, risieda nella loro convivenza. Se abbiamo gettato le basi del dato soggettivo, è opportuno fare la medesima cosa per quello oggettivo. Riprendendo la frase:”L’uomo deriva dalla scimmia”,si comprende come non si possa confutare perché alla base risiede un dato oggettivo. Tale proposizione è dunque universale ed oggettivamente riconosciuta rispetto a quelle prodotte dalla soggettività. Su questo tipo di proposizioni, non può logicamente essere costruito alcun artificio retorico e costituisce il riflesso di una realtà esterna a noi che tendiamo a formalizzare in legge oggettiva della conoscenza, perché dotata di carattere scientifico. Bisogna però comprendere quali dati conferiscano alla conoscenza umana il carattere di oggettività. Tali aspetti sono rappresentati dal dato empirico oltre che da quello logico-razionale. Sappiamo che l’uomo riesce a ricavare l’esperienza per mezzo di tutti i suoi sensi. Eppure bisogna ricordare come i nostri sensi possano essere ingannati e, conseguentemente a ciò, come la conoscenza da essa derivata sarà a sua volta sbagliata. La risposta a questo quesito risiede nel concetto di esperienza collettiva. Volendo fare un esempio, un uomo, essendo in un deserto, potrebbe essere portato a vedere illusoriamente un’oasi e a credere così nella sua esistenza. In questa circostanza l’esperienza individuale tenderà ad essere fallace. Se invece numerose persone si trovassero nel deserto, potrebbero senz’atro far tutti esperienza illusoria, ma dovrebbero, confrontandosi, constatare come quella che essi non credono essere un’illusione, non si trovi in un singolo punto del deserto, ma si troverà in un luogo o nell’altro a seconda dell’individuo o, altrimenti, verranno visti elementi illusori del tutto diversi. Si comprenderà come dall’osservazione di una realtà vista da un singolo individuo, non si possa risalire ad una conoscenza universale ed oggettiva. Alla base dell’oggettività della conoscenza umana, dunque,non deve risiedere l’esperienza individuale, ma collettiva. Una cosa appartenente alla nostra conoscenza oggettiva esiste in modo maggiore, tanto più sono le persone che fanno esperienza di questa. Il fatto che una realtà vera non entri in relazione con noi, non implica però che essa, logicamente, non esisti. Essa non esisterà semplicemente per noi, ma sarà sempre nella natura. Ciò è dimostrabile ricordando come, seppur Galileo ed i suoi predecessori avessero parlato esplicitamente per la prima volta di teoria eliocentrica, il sole continuò nel passato a mantenersi fermo nonostante la tesi geocentrica fosse presa per vera.
Si potrebbe obbiettare alla tesi dell’empirismo collettivo, che non è da escludere la possibilità che tutti noi viviamo in un’unica grande illusione di cui non siamo consci ma solo partecipi. A tal proposito, io non posso dire niente e non è affatto mio compito analizzarlo dal momento che alla base di questa tesi non v’è nulla di scientifico ed è quindi classificabile come un semplice parere relativo. Perché un dato della conoscenza sia oggettivo, deve essere necessariamente costituito da alcuni elementi. Prima di tutto, dalle singole proposizioni, alla cui base c’è l’esperienza collettiva (tali proposizioni costituiscono il fondamento delle leggi scientifiche). Poi, dai ragionamenti costituiti da più di una proposizione che si fonderanno tutte, ugualmente, sull’esperienza collettiva. Va detto come la prima proposizione di questi ragionamenti, ha alla base, oltre al principio dell’empirismo collettivo, quello secondo cui il simile si comporta in modo analogo al simile, se i due termini di paragone presi in considerazione hanno la stessa natura. Infine, dai ragionamenti logico-razionali. Su tali ragionamenti, sarà opportuno dilungarsi nel prossimo appuntamento.