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Piccola spesa, grande pellicola: vince la nuova scommessa americana. E “The Fighter” è uno dei trionfi

di Marco Chiappetta

TRAMA: Lowell (Massachussetts), 1993 – Dicky Eklund (Christian Bale), ex meteora della boxe, ridottosi a fallito tossicodipendente e criminale, allena il fratellastro Micky Ward (Mark Wahlberg), pugile di mezza tacca, e ne gestisce la miserabile carriera insieme con la dispotica madre manager Alice (Melissa Leo).
Quando Dicky, intanto protagonista di un documentario sul crack, finisce in carcere, e Micky, nel difenderlo, si rompe la mano, tutto sembra precipitare. Ma l’amore della cameriera Charlene (Amy Adams), la tenacia e la rabbia per il mondo di squallore in cui vive, lo spingono a un’inesorabile e incredibile ribalta.
GIUDIZIO: Prodotto low budget della sempre più florida industria indipendente americana (cifre: 20 milioni di dollari, 33 giorni di riprese), e tratto da una storia vera, di quelle fatte apposta per il cinema, “The Fighter” è una scommessa vinta subito, una sfida difficile come quella del protagonista, e come tale un vero trionfo. Un film splendido, esaltante, emozionante dall’inizio alla fine, che aggiorna l’arcinota poetica della boxe come metafora di vita, il ring come palcoscenico, lo sport come arte: in più con uno sguardo lucido, crudo, realistico sullo squallore mediocre della provincia americana, sul degrado sociale dei ghetti, sulla condizione umana dei soliti reietti, condannati a una “vita di schifo”, sempre ridotti all’ultima occasione, alla ricerca di un riscatto impensabile. Sconvolgente nel mostrare gli abissi ora della droga, ora della corruzione, ora del fallimento umano, il film è soprattutto un dramma psicologico strepitoso e toccante sui controversi rapporti familiari: la casa come nido pacifico o inferno terribile; l’amore quasi edipico, ossessivo, della madre per i figli; l’amicizia tra fratelli, vera e profonda, anche se venata di gelosie e complessi; le ultra-protettive, animalesche sorelle, figlie d’una cucciolata, donne senza alcuna femminilità, con ambizioni di figura paterna. Conflitti, tensioni, baruffe, gelosie, rancori, in un’atmosfera di decadenza, mostruosità e disperazione: la tragedia non raggiunge l’acme, e tutto si quieta come dopo una tempesta. Una favola cupa, amarissima, ma con una speranza, una grinta, che fanno battere il cuore: sulla falsariga di capolavori come “Rocky” e “Toro scatenato”, con un occhio al lirismo epico-tragico di “Rocco e i suoi fratelli” (che pure parlava di boxe e tensioni familiari), è l’ennesima apologia dell’outsider che col sudore e col sangue va dalle stalle alle stelle. Nulla di nuovo, può sembrare: eppure è scritto, diretto, interpretato e montato con uno stile così fresco, virtuosistico, impeccabile, che non fa pensare a nessun altro film. Strepitosa la regia d David O. Russell, attento a dare al racconto un taglio realistico (i match e il documentario sulla tossicodipendenza di Dicky sono girati con le stesse telecamere usate dalla HBO negli anni ’90) e un ritmo avvincente (grazie anche a un efficiente montaggio e a una bella e adrenalinica selezione di brani rock), ma la forza del film è il suo cast, davvero perfetto: Mark Wahlberg è un protagonista degno, un pugile convincente, ma Christian Bale, in un’altra prova estrema, fisica e nervosa (complice anche il dimagrimento choc, stile “L’uomo senza sonno”), giustamente premiata con l’Oscar, gli ruba la scena, dà i brividi, strappa applausi fragorosi col suo dolente ritratto di outsider tossico e pazzoide, tendente ora all’autodistruzione, ora alla voglia di rivalsa e redenzione; e, insolito in un film sul pugilato, è folta e straordinaria la schiera di personaggi femminili, forti, virili, tenaci, con una magnifica, commovente Melissa Leo, anch’essa onorata con un meritato Oscar, nel ruolo di madre-manager, capo carismatico ma fragile d’una famiglia disadattata, e una Amy Adams (terza nomination all’Oscar) davvero notevole. Piccolo solo nel budget, “The Fighter” è grande cinema – equello che non morirà mai: emozione e spettacolo, tutto condensato e sintetizzato in un trepidante, memorabile finale.
VOTO: 4/5