di Brando Improta
Il sole lasciava posto ad una luna scintillante e pallida, bella come non l’avevo mai vista nel mio paese. Io avevo passato il resto della mia giornata a giocare a carte con Biagio, sfidando a colpi di scopone (gioco conosciuto in tutto il mondo, ma con altri nomi) due turisti francesi. Non ci accorgemmo del tempo che passava e così, nella nostra mente, arrivò rapidamente l’ora di andare a dormire. C’era una novità quella sera: non conoscevo il perché, ma Simone aveva deciso di occupare il posto lasciato vuoto da Vito e dormire in stanza con Guido; per me tanto meglio, avrei potuto leggere anche fino all’alba senza sentire il mio amico che si lamentava per la luce ancora accesa ma, non appena fui entrato nella mia stanza, capii subito il perché del cambiamento di alloggio di Simone. Nel pomeriggio aveva otturato il gabinetto e, nel vano tentativo di rimediare al problema, aveva provocato la rottura di un tubo: la stanza era allagata e impraticabile. Dinanzi a me si aprivano tre scelte: la prima era quella di dormire nel mio letto fluttuante sugli scarichi tracimati del bagno, la seconda andare da Biagio e affrontare eroicamente il suo energico russare e la terza…chiedere ospitalità al mio nemico più caro.
Ero fuori la porta di Eugenio e avevo già bussato due volte, mi ero quasi rassegnato al fatto che stesse trascorrendo la notte da qualche altra parte, dopo aver scoperto di essere nel mio stesso albergo. Alla terza, e quasi scoraggiata, battuta di nocche sulla porta, questa si aprì, rivelandomi la faccia a metà tra l’annoiato e l’irritato di Eugenio.
“Cosa ci fai qui a quest’ora?” mi domandò notevolmente seccato “stavo dormendo”.
“Ecco…” cominciai con una buona dose di faccia tosta “Simone ha allagato la stanza dove dormiamo, non è che tu…”
“No!”, tuonò Eugenio non lasciandomi nemmeno il tempo di finire la frase “non esiste proprio, qui ho un letto matrimoniale e non ho nessuna intenzione di dividerlo con te!”
“Va bene, ma mi avrai sulla coscienza…perché sarò costretto ad andare a dormire da Biagio e passerò tutta la notte con un cuscino sulla testa per non sentire i suoi svariati rumori!”
“Da Biagio?” mi chiese Eugenio improvvisamente più comprensivo
“Esattamente!”
“No…questo non lo auguro nemmeno al mio peggiore nemico, vieni entra!” e così dicendo, mi fece strada nella sua camera.
Stavamo leggendo tutti e due, io il mio libro di Gaarder, lui invece “Il signore delle mosche” di Golding, quando inaspettatamente Eugenio decise di interrompere il silenzio.
“Questa però la segno insieme a tutti gli altri favori che non avrei dovuto farti!”
“Quali sarebbero gli altri ?” chiesi abbastanza incuriosito
“Bhè…per esempio, non ti ho spaccato la faccia quando mi hai detto di Francesca”
“E’ vero…ma non hai considerato una cosa…”
“Cosa ?” mi chiese, e questa volta era lui quello incuriosito
“Che io non sarei rimasto a guardarti mentre me la spaccavi!”
“Ma come! Io ne avrei avuto tutto il diritto, mi avevi fatto una promessa, te ne ricordi?”
“Si, e credimi quando ti dico che non c’è giorno in cui non penso di essere stato un pessimo amico, di aver sbagliato” la mia risposta era più che sincera.
“Ma tu capisci vero che in queste circostanze le scuse non bastano?”
“Certo, infatti io non mi aspetto nulla”. Chiusi il libro e gli augurai la buonanotte.
“Ascolta una cosa, però potresti ricambiarmi questo favore” mi disse prima di chiudere il romanzo che aveva fra le mani.
“Come?”
“Domattina volevo andare a fare un giro nelle zone più selvagge, ti va di accompagnarmi?”
“Domani vediamo” fu la mia risposta, ma dentro di me sapevo che avrei accettato.