di Fabrizio Romano
E’ il minuto 73’ di Milan-Bari, rossoneri in clamorosa difficoltà contro l’ultima della classe. Zlatan Ibrahimovic, sul risultato di 0-1, colpisce, con un cazzotto alla pancia, Marco Rossi, difensore del Bari. Espulso, esce a testa bassa senza l’ombra di un pentimento alla vittima della follia immotivata. E’ l’ennesimo segnale dopo l’addio alla Champions: il gigante che viene da Malmoe ha tradito ancora. Proprio lui, il cardine di questo Milan versione 2010-2011 nel bene e nel male, ha peggiorato la situazione: pioveva a Londra, Tottenham-Milan, s’innervosiva Zlatan, perché ancora una volta era stato buttato fuori dalla Champions senza riuscire minimamente a contribuire. Un fantasma, come sempre nelle notti d’Europa diventate ormai il suo incubo, la prova più oggettiva dell’impossibilità di iscrivere Zlatan Ibrahimovic alla categoria dei campioni. Tra l’ectoplasma di White Hart Lane e il pugile di San Siro, intercorre un filo sottilissimo a legare i due volti peggiori del Genio rossonero: il signor Ibrahimovic quando c’è da dimostrare seriamente sparisce, e per di più perde la testa con una follia che gli costerà tre giornate di squalifica. E’ la faccia peggiore dello ‘zingaro’, un talento straordinario che nel proprio giardino – il campionato italiano – è il re incontrastato, ma che quando si trova a dover mettere il naso in un parco d’Europa, diventa più piccolo di una formica, per poi perdersi in una stupidata.
Nel gesto dello svedese ci sono tutti i limiti mentali del ragazzo, quelli che un campione non può avere. Ma procediamo con calma: un campione, prima di tutto, non è quello che fugge come un vigliacco dal paradiso Inter per andare a Barcellona dove ormai la Champions è un gioco da ragazzi. Questo è l’atto di un giocatore mediocre, uno che sarebbe potuto passare alla storia come l’uomo che ha fatto rivincere la Coppa all’Inter 50 anni dopo, e che invece ha cercato rifugio in un tristissimo Barcellona, con il Barça stesso che sarebbe stato a far vincere la Coppa all’eterno perdente europeo Ibrahimovic. E invece esiste un Dio del calcio, maligno quanto giusto quando serve, che ha riportato la Champions a Milano proprio quando il vile Ibra ha deciso di fare le valigie. I campioni veri sono quelli che non si arrendono, quelli che scelgono la via più difficile per arrivare alla maturità dell’eroe, e quindi campione, non quelli che prendono la strada più facile per poi essere ritenuti ‘uno dei tanti’, come era Zlatan dalle parti della Catalogna.
E ora, torniamo all’ultimo gesto. A San Siro, nel deludente pomeriggio di domenica, c’era un certo Marco Van Basten, olandese che su quello stesso terreno ha tenuto senza fiato chiunque ami l’arte del pallone, indipendentemente dalla fede calcistica. Di fronte a lui e a tanti altri Campioni – con la C maiuscola – della storia del Milan, che celebrava 25 anni di presidenza Berlusconi, Zlatan si è perso in un bicchiere d’acqua, lasciando in 10 la sua squadra per un gesto neanche utile alla causa (come potrebbe essere un fallo da ultimo uomo), ma solo sporco e meschino, e prediugicando il suo finale di stagione e dimostrando quanto sia folle accostarlo all’immensità del Cigno, come troppo spesso si legge. Sì, è lo stesso Ibrahimovic che con il Tottenham in due partite ha fatto mezzo tiro magari pure sbilenco, quello che allo stesso tempo se si trova di fronte il Parma al ‘Meazza’ sembra King Kong, potrebbe giocare solo lui con undici manichini. Questione di limiti mentali e assolutamente non tecnici (da quel punto di vista, si discute poco), evidentemente Zlatan è anche sostenuto poco dal resto della squadra, per molti ruoli normale e non spaziale come al Barcellona o all’Inter, dove comunque ha vinto tanto nonostante le sparizioni europee. Ma il vero Campione è quello che la squadra la sostiene, non quello che si fa sostenere. E’ quello che sullo 0-1 col Bari alla partita successiva dalla bruciante eliminazione dalla Champions sputa il sangue per vincere, non lascia la squadra in 10 sotto gli occhi della leggenda Van Basten, con cui il paragone può essere cancellato. Avrà altre occasioni per smentirsi, ma la realtà è palese: Ibrahimovic è sicuramente un grande giocatore, ma non chiamatelo Campione.