di Giovanni D’Orso
Un terremoto di 8,9 gradi ha colpito venerdì alle 14,46 (erano le 6,46 in Italia) la parte nord-orientale dell’isola Honshu, la più grande del Giappone, a 380 km da Tokyo. Pochi minuti dopo uno tsunami con onde alte fino a dieci metri si è abbattuto sulle coste affacciate sul Pacifico seminando morte e distruzione nell’area di Sendai, la più vicina all’epicentro. A Tokyo, a 370 km di distanza dall’epicentro, i crolli sono stati limitati, ma anche nella capitale si contano i morti. Molte persone hanno riportato lesioni in seguito ai crolli. Sempre nella capitale è stato chiuso l’aeroporto di Narita. Uno dei principali aeroporti, quello di Ibaraki che si trova 80 chilometri a nord-est della capitale, è stato chiuso a seguito del cedimento di un’ampia parte del tetto. Alcuni treni e metropolitane hanno ripreso a funzionare solo alle 17,30 italiane, quando a Tokyo era passata l’1 di notte. Nella raffineria di Ichihara si è sviluppato un incendio, nel porto si sono innescati almeno sei focolai. L’antenna della Tokyo Tower, il simbolo della capitale nipponica e della ricostruzione post-bellica, si è piegata a causa delle scosse. La rete di telefonia cellulare è saltata, e anche le comunicazioni telefoniche attraverso le linee fisse sono molto difficili. Ha resistito però l’infrastruttura Internet, tramite la quale la gente continua a scambiarsi informazioni in tempo reale.
Le fornitura di energia elettrica è saltata in un’ampia parte dell’area di Tokyo: 4,4 milioni di abitazioni sono rimaste senza luce. Un’onda ha anche inondato l’enorme parcheggio del parco divertimenti di Disneyland.
E’ di quasi 11mila, tra morti e dispersi, il bilancio del terremoto e dello tsunami in Giappone. Secondo le ultime cifre fornite, sono almeno 3.373 i deceduti mentre 7.558 i dispersi. Il bilancio potrebbe essere più pesante perché migliaia di persone mancano all’appello nelle province piu’ colpite: Iwate, Miyagi e Fukushima. Circa 100mila militari, con l’aiuto di volontari stranieri, sono impegnati nelle zone devastate in cerca di superstiti. Secondo le testimonianze, sembra quasi la scena di un film di fantascienza, “è surreale”. Su vari siti vengono mostrati foto del momento preciso dell’inondazione delle coste giapponesi, e ciò che si evince è che il Giappone è stato vittima di una catastrofe di dimensioni colossali. Preoccupanti sono le conseguenze per tutto i settori, partendo dall’agricoltura e finendo con il turismo.
Ancor più preoccupante è la situazione a Fukushima. Nuova esplosione nel reattore numero due della centrale. Il governo fa evacuare l’area nel raggio di 30 chilometri: “Pericolo per la salute umana”. La nube raggiunge anche la capitale. Per le autorità francesi “l’incidente è di livello 6 su una scala di 7 come a Chernobyl”. Aiea preoccupata: “Servono più informazioni”. I telegiornali italiani, invece, negano una qualsiasi analogia con una possibile nuova Chernobyl, ma è chiaro che l’episodio sia un evento che porterà conseguenze inimmaginabili. La situazione è totalmente fuori controllo. Il commissario Ue all’energia, Gunther Oettinger, ha definito una “apocalisse” la tragedia in Giappone, aggiungendo che le autorità locali hanno praticamente perso il controllo della situazione nella centrale nucleare di Fukushima. “Parlo di apocalisse e credo che la parola sia particolarmente appropriata”, ha detto Oettinger, riferendo davanti ad una commissione del Parlamento europeo a Bruxelles. “Praticamente é tutto fuori controllo. Non escludo che si possano verificare altri incendi ed esplosioni nelle prossime ore”, ha aggiunto il commissario, precisando di essere in contatto con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).
La Germania, nel frattempo, ha deciso di chiudere almeno fino a metà giugno le sue sette centrali nucleari piú vecchie che potrebbero anche non tornare più in attività. Il disastro verificatosi in Giappone costituisce “uno spartiacque nella storia della tecnologia mondiale”, ha spiegato il cancelliere Angela Merkel nell’annunciare la decisione dopo un incontro con i governatori dei laender in cui si trovano gli impianti di Biblis A e B, Neckarwestheim, Brunsbuttel, Isar 1, Unterweser e Philippsburg 1. Si tratta di centrali costruite prima del 1980 in cui nel corso degli anni si sono verificati fra i 39 e gli 80 problemi tecnici. La Merkel ha spiegato che é stata data “priorità alla sicurezza”, poiché i criteri alla base della centrale di Fukushima si sono rivelati “insufficienti di fronte alle forze della natura”. Le 7 centrali tedesche rimarranno spente fino al 15 giugno, data di scadenza della moratoria di tre mesi destinata a verificare la sicurezza di tutti gli impianti nucleari tedeschi, ma il ministro dell’Ambiente Norbert Roettgen (Cdu) ha affermato che “rimane aperta” la questione se tutti gli impianti -o alcuni di essi- potranno in seguito continuare a produrre energia. In ogni caso il governatore dello Schleswig-Holstein, Peter-Harry Carstensen (Cdu), ha dichiarato dopo l’incontro con la Merkel di voler chiudere anche un’altra centrale, quella di Kruemmel, auspicando che i gestori di questo impianto e di quello di Brunsbuettel “rinuncino in futuro a rimetterle in funzione”. Il ministro dell’Economia, il liberale Rainer Bruederle, ha assicurato che anche senza la fornitura di energia dei reattori staccati la Germania non ha problemi di forniture. Il ministro della Ricerca Scientifica, Annette Schavan (Cdu), chiede invece un rapido “passaggio dal nucleare alle energie alternative”, aggiungendo di voler utilizzare i prossimi tre mesi della moratoria annunciata dalla Markel “per avere dal mondo scientifico le proposte sui futuri sviluppi”.