di Enrico Contieri
Il 9 Ottobre 2010 entra in vigore il D.lgs. 66/2010, che riforma l’amministrazione militare e si propone di essere un codice, ossia un atto normativo tendenzialmente completo ed esauriente che riorganizzi la materia e armonizzi la congerie di leggi e regolamenti che la riguardano. Proprio per questo, gli ultimi articoli, che sono in totale più di duemila, contemplano numerosissime norme, di rango ordinario e regolamentare, di cui si dispone l’abrogazione. Marco Travaglio titola, sul blog voglioscendere: “abrogato il reato di banda armata”, legge “ad Legam”, denunciando che fra queste figura a sorpresa, all’art. 2268, il D.Lgs. 43/1948. Si deve premettere che la Costituzione, all’art.18, nel sancire la libertà di associazione, vieta al contempo le associazioni segrete e quelle che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Il decreto del 1948 non fa altro che stabilire quando un’associazione debba considerarsi di carattere militare, sancendo altresì le pene da applicare agli associati. Al di là di alcune sviste di Travaglio che, per quanto non significative da un punto di vista sostanziale, denotano in ogni caso una scarsa attenzione alla fonte, appare molto più grave l’erroneo riferimento al reato di banda armata (art. 306 c.p.), che invece continua ad essere in vigore e consiste in un particolare tipo di associazione a delinquere caratterizzata dallo scopo di commettere uno o più tra i delitti contro la personalità dello Stato (capi I e II del titolo I, libro II c.p.) e dalla presenza di armi. Al di là dell’aspetto politico della vicenda, per cui appare tempisticamente inopportuna, subdola e strumentale la decisione e la modalità di abrogazione del D.Lgs. 43/1948, reputo nondimeno questa scelta giusta da un punto di vista giuridico, così come appariva auspicabile la “riforma”, strenuamente sostenuta dalla Lega Nord ed approvata con legge 85/2006 concernente la depenalizzazione di una serie di reati di opinione e la revisione in senso garantistico e costituzionalmente orientato di altri delitti contro la personalità dello Stato. Infatti, a partire dall’era repubblicana, ma soprattutto dagli anni ’70, si conviene unanimemente sulla costituzionalizzazione del c.d. “principio di offensività”, per il quale il diritto penale non soltanto si deve occupare di “fatti” (art. 25 II co. Cost.), ma di fatti offensivi, che cioè ledano o mettano concretamente (e non solo ipoteticamente) in pericolo “beni giuridici”, interessi, cioè, di rango costituzionale: solo in questi casi sarebbe lecita e proficua l’applicazione di una pena, ovvero della sanzione più grave ed incisiva sulla libertà personale, di cui l’ordinamento dispone. Basta dare uno sguardo ai suddetti capi del codice per accorgersi, invece, di come molti fatti venivano e vengono puniti sebbene non idonei a mettere in alcun serio pericolo l’integrità dello Stato, in omaggio all’ottica statalista ed autoriaria del regime fascista, del quale il codice, in ogni suo aspetto, riflette in pieno l’ideologia. Tuttavia, già nel 1930, la disciplina del tentativo (art. 56 c.p.) riteneva elemento costitutivo della fattispecie, non soltanto la non equivocità degli atti, ovvero la loro tensione verso un determinato fine illecito, ma anche la loro idoneità a perseguirlo: non è certamente punibile chi cerca di uccidermi con una pistola finta o a salve, in quanto l’atto è sì non equivoco, ma certamente inidoneo. Al contrario, ai sensi del D.lgs. 43/1948, pur appartenente all’era repubblicana, ma espressione di uno stato debole e dettato probabilmente dal terrore di una possibile restaurazione del passato regime, era sufficiente partecipare ad un’associazione di carattere militare per essere sottoposti a pena. È proprio per questo che credo vada salutata con favore l’abrogazione del decreto in questione, senza tema per l’integrità della nostra repubblica: risulta, per quanto ne dica Travaglio, ancora applicabile il reato di banda armata, (quello delle brigate rosse, per intenderci) per la cui sussistenza la giurisprudenza ritiene giustamente necessaria la presenza di un armamento idoneo a commettere i delitti per cui l’associazione stessa è costituita, in ossequio al suddetto principio di necessaria lesività: come poteva invece essere dotata di offensività, ovvero di idoneità a modificare l’ordine costituzionale, un’associazione di “carattere militare”, che non avesse a propria disposizione armi né un apparato significativo? Ed ancora, è tuttora in vigore l’art. 283 c.p. (Attentato contro la Costituzione dello Stato), così come modificato giustamente dalla legge del 2006, che ha previsto come costitutivi gli elementi della violenza e della idoneità degli atti. Beninteso, a nessuno di noi piacerebbe vedere o incontrare eserciti di paramilitari per la strada, ed infatti le associazioni di carattere militare e quelle segrete continuano ad essere vietate dalla Costituzione, perchè in uno stato democratico non hanno motivo di esistere, e si auspica allora per entrambe l’introduzione di una forma di vigilanza diversa da quella penale: posso immaginare un controllo, corredato da eventuali apposite sanzioni amministrative e garanzie procedimentali, ad opera del ministro dell’Interno o, ancora meglio, come in alcuni paesi avviene, un necessario intervento della Corte Costituzionale per lo scioglimento delle stesse. Non si trattava certo di una norma illiberale o repressivo-autoritaria come le numerossissime ancora contenute nel codice, ma probabilmente di una norma oggi superflua, inopportuna, e forse discutibile, in quanto gli stessi fatti, se veramente meritevoli di pena perchè effettivamente offensivi ed idonei, rimangono riconducibili ad altri reati, ben più gravi ed indispensabili. Insomma, massima stima per Travaglio che ha letteralmente scovato questo trucco, ma probabilmente la voglia di essere fastidiosi, sempre ben accetta, spesso fa perdere di vista l’obiettività e la notizia finisce per prevalere sul fatto. È chiaro, tuttavia, che indigni una mossa politica di questo genere, proprio perchè dettata da opportunismo e sterile pragmatismo, laddove manca un’ottica sistematica e d’insieme e ancor più la volontà politica di riformare in radice un sistema penale obsoleto e autoritario, dettato per i deboli e gli ultimi. Ma non temiate, l’integrità dello stato è ancora al sicuro, e non era quel decreto a garantirla: i leghisti, senza armi, non sono altro che buffoni vestiti di verde.