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“La conoscenza umana” – Capitolo 5 ‘Intelletto, bellezza e perseguimento dei propri fini’

di Ferruccio De Prisco

Nel capitolo precedente ho sostenuto come qualsiasi animale (quindi anche l’uomo) che si venga a trovare anche nella più rudimentale delle forme di società, sia finalizzato a prevalere sull’altro a livello sessuale e a livello ”politico”, per mezzo del comando sul gruppo. E’ doveroso a questo punto compiere una distinzione tra intelligenza e bellezza. Nonostante molti siano soliti credere che l’intelletto e l’ estetica siano caratteri soggettivi, non è affatto così.
Partiamo col definire cos’è l’intelletto. Dal momento che gli animali possiedono date caratteristiche per raggiugere i propri fini (così come l’uomo possiede l’intelletto, che è il suo carattere peculiare), si deduce che l’intelligenza è fatta per il perseguimento dei propri fini. Un uomo sarà intelligente in modo direttamente proporzionale alla propria capacità di utilizzare l’intelletto per raggiungere i propri fini. Molte persone sarebbero pronte a disprezzare con tutta la loro forza questa definizione di intelletto. In realtà, quest’interpretazione della ragione affonda le sue radici dell’unica reale definizione possibile in quanto, così com’è stato fatto, deriva da un ragionamento oggettivo fondato sulla logica dell’esperienza. Ci sarebbe però da chiedersi quale sia il fine che l’intelletto umano sarebbe portato a perseguire con tutto se stesso. Dei due fini che l’animale in società seguirebbe per prevalere sull’altro, sarebbe proprio quello del comando sul gruppo. Una tigre, infatti, presenterà posizioni di prestigio rispetto al gruppo, tanto più lunghe saranno le proprie zanne. E’ dunque il carattere peculiare dell’animale nel suo maggiore o minore sviluppo a decidere se l’animale prevarrà sull’altro a livello di comando o meno. Se fare un’affermazione del genere riferendosi all’animale selvaggio è più che sufficiente, non si potrebbe dire lo stesso per l’animale umano la cui società presenta un livello di complessità maggiore. Infatti, la volontà dell’animale umano in società di prevalere sull’altro per mezzo del comando sul gruppo presenta un grado di complessità maggiore. Essa si può manifestare tanto nella capacità dell’individuo di prevalere a livello dialettico, avendo l’uomo il linguaggio, tanto stipulando alleanze fruttifere tra un piccolo numero di individui nella comunità stessa ,da cui si potrà trarre vantaggio. Va specificato come l’intelletto sia donato dalla natura all’uomo, così come la bellezza.
Quest’ultima potrebbe essere definita una vera e propria convenzione creata dalla natura per perseverare nella riproduzione e, dunque ,mantenere la specie viva. Infatti, sia negli animali umani che in quelli selvaggi, v’è la presenza della forma apriori di un modello di bellezza ideale (fornito appunto in via del tutto convenzionale dalla natura), su cui si fonderebbe la scelta dell’individuo maschio e femmina del corrispettivo compagno. La spinta di natura prettamente sessuale, che permette l’incrocio dei due individui di genere diverso, è garanzia per la natura del mantenimento della specie. La bellezza di un individuo, perciò, sarebbe direttamente proporzionale alla potenzialità dell’individuo di riprodursi. Se ne dedurrà che un animale particolarmente attraente cercherà, poichè sarà questo il mezzo ad esso più conveniente e facile, di prevalere sull’altro attraverso la sua superiorità riproduttiva. Un animale, generalmente, è portato a sviluppare o il proprio carattere peculiare (questo qualora non dovesse essere dotato di bellezza particolare)e a perseguire quindi il fine del prevalere sull’altro cercando di essere superiore al gruppo, o a concentrarsi sul proprio senso estetico (qualora la natura dovesse aver donato particolare bellezza secondo la legge della forma apriori estetica) e, quindi, a perseguire il prevalere sull’altro per mezzo della propria superiorità di potenziale riproduttivo. Solitamente, così come detto, l’animale mancancte di bellezza sarà spontaneamente portato a sviluppare altre doti affinchè possa sopravvivere. Lo stesso è avvenuto nella storia della selezione della natura, che ha permesso, ad esempio, ad uccelli non perfettamente in grado di volare di sviluppare doti eccellenti per vivere sulla terra ferma (come nel caso dei pinguini). In un modo o nell’altro, l’uomo sarà portato a perseguire i propri fini secondo diverse modalità e strade. Nelle sue più piccole azioni, se ne dedurrà quindi che, anche se a livello inconscio, l’uomo agirà seguendo un obbiettivo che gli potrebbe portare giovamento. Questi ragionamenti, però, vanno in contraddizione se si adducesse l’esempio di quegli uomini buoni volti ad aiutare solo i più deboli. In realtà, questi individui, consciamente o inconsciamente, saranno portati a compiere certe azioni solo per poter essere visti come benefattori dagli altri, o sentir il proprio spirito elevarsi per il buon gesto compiuto. Così, l’interesse del popolo non può essere fatto se non da chi vuol fare il proprio interesse nel ricevere riconoscimenti ed onori. L’amicizia e l’amore stessi sono piccoli contratti molto simili a quelli stipulati dall’uomo nel momento della creazione della società. Infatti, mentre l’amicizia riassume in piccolo il rapporto di alleanza che può esistere tra due Stati alleati, i quali, pur essendo ”amici”, lo saranno solo per riuscire ad ottenere dei vantaggi, l’amore, invece, non è altro che il mezzo con cui si esprime il desiderio sessuale finalizzato alla riproduzione. In virtù di ciò, non si potrà parlare di amore, ma semplicemente di sessualità. Il vero amore, per logica, è quello che scaturirebbe dal rapporto di due individui del tutto disinteressati sessualmente e che, perciò, non avrebbero alcun tipo di finalità nell’approcciarsi l’uno all’altro. Da ciò, il famoso luogo comunque secondo cui l’amore è pura irrazionalità. Per poter dimostrare ulteriormente come la mente umana sia unicamente volta all’utile, basta chiedere cosa sia un qualsiasi oggetto come una sedia, perchè una persona risponda: “Un oggetto che serve per sedersi”. Ciò nonostante, tale individuo non avrà fatto altro che specificare il fine della sedia, ma non la sua essenza e, ponendolo dinnanzi a questo problema, non saprà comunque ridefinire per bene cosa sia una sedia. E’ logico, quindi, come tutto ciò che faccia e pensi l’uomo, sia volto unicamente al proprio utile e ad un fine.