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Le battaglie dimenticate dall’informazione: Marco Pannella e la sua disobbedienza civile

di Lorenzo Mineo

“Dove il potere nega, in forme palesi ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrej Sacharov e Marco Pannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi”.
Con queste parole, Eugenio Montale, nel lontano 1974, lodava la forma di lotta gandhiana dello sciopero della fame, attraverso cui, storicamente, personaggi quali Andrej Sacharov e Marco Pannella, rispettivamente in terra russa e italiana, hanno rivendicato il riconoscimento di diritti civili da parte delle autorità pubbliche.
Ebbene, tutt’oggi, laddove l’unica opposizione accreditabile parrebbe quella di chi inveisce a tutta forza contro il “nemico”, così aiutandolo inevitabilmente a raccogliere consensi, Marco Pannella, a 81 anni, sceglie ancora una volta la strada della nonviolenza, praticando uno sciopero della fame alla salvaguardia di una democrazia che in Italia sembra già essere mal ridotta. In una conversazione straordinaria, al momento della dichiarazione dello sciopero, Pannella annuncia, ai microfoni di RadioRadicale, le quattro ragioni-obbiettivo del suo Satyagraha:
• L’istituzione di una commissione di inchiesta sullo stato della democrazia composta da accademici (almeno 13 sulla falsariga dei 13 che non giurarono fedeltà al fascismo);
• L’apertura a una seria discussione politica riguardo la possibilità di un’ampia amnistia come strumento risolutivo della critica situazione della giustizia e delle carceri in Italia;
• L’approvazione di una mozione per le “armi di attrazione di massa” (ovvero mezzi mediatici che sensibilizzino i popoli su temi censurati e diritti negati dai regimi che li governano) da usare in Libia, in Siria e negli altri paesi del Medio Oriente ove vigono regimi antidemocratici;
• Una sollecitazione al Partito Democratico per riproporre, insieme con i Radicali, da opposizioni alternative, un progetto, dal PD abbandonato, di sistema elettorale uninominale.
Lo sciopero della fame ha inoltre un carattere di denuncia verso il lungo silenzio informativo dei media e del governo italiano sui quattro quesiti referendari nazionali che il 12 e 13 di giugno i cittadini sono chiamati a votare, per l’abrogazione di quattro leggi varate dal governo Berlusconi (dei quattro quesiti due riguardano la gestione dell’acqua, uno il ritorno del ricorso all’energia nucleare e un altro chiede l’abrogazione della legge sul cosiddetto “legittimo impedimento”).
Sono ormai trascorsi quasi due mesi dal 20 aprile, data in cui Pannella, concedendosi proprio negli scorsi giorni uno stop di 48 ore, ha indetto il suo sciopero della fame, e nel frattempo a sostenerlo nella stessa iniziativa si sono aggiunti ben 10.000 italiani, di cui oltre 7.500 sono carcerati: tutto ciò nell’incurante silenzio dei media, che risvela un sistema d’informazione con più di una macchia, specchio dello stato emergente e paradossale in cui vige la (non)democrazia italiana, nella quale, fin troppi temi politici, scomodi al potere, vengono accantonati dalla partitocrazia. Nobilitiamo allora, chi a questo sistema non si oppone attraverso la forza, ma attraverso gli strumenti di una lotta nonviolenta, attraverso quel rifiuto passivo che Montale aveva definito “la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore”.