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La festa del Gay Pride campano, la ricerca dei diritti internazionali

di Lorenzo Mineo

Nel terzo millennio, pare sia è ancora necessario lottare – nel nostro paese più che in tanti altri – perché si affermi il principio che la sessualità è per l’individuo una dimensione da vivere in assoluta e incondizionata libertà, quanto mai lontana dalla discriminazione e dal pregiudizio sociale, elementi che oggi precludono fin troppe strade agli omosessuali, mentre essi non possono avvalersi di alcuno strumento giuridico specifico che li tuteli.
In risposta al perdurare di questa condizione, Sabato 25 Giugno, a Napoli, ha avuto luogo il “Campania Pride”, corteo campano dell’orgoglio “gay”, che ha visto marciare un gruppo, dei più eterogenei, di circa cinquemila persone, che, partito alle ore 16.00 da Piazza del Plebiscito, è giunto fino alla Rotonda Diaz, non senza il sonoro accompagnamento di storici brani musicali della cultura omosessuale, da “YMCA” dei Village People a “I Will Survive” di Gloria Gaynor.
Madrina dell’evento è stata la diva Vladimir Luxuria, ex deputato di Rifondazione Comunista e donna dello spettacolo, che a conclusione della marcia si è lasciata andare a dichiarazioni in netta polemica con l’associazione Arcigay, che, non avendo aderito al pride campano, a poche ore dalla manifestazione aveva ribadito che l’unico pride della giornata era quello di Milano. “Credo che non ci siano marchi registrati del pride: sono di tutti”, ha infatti sottolineato Luxuria.
Il gesto più significativo del corteo è senza dubbio rappresentato dall’emblematico applauso dei manifestanti di fronte al consolato americano, in Piazza della Repubblica, in segno di pieno apprezzamento della legge, varata un giorno prima, che consente il matrimonio alle coppie nello stato di New York. Un riferimento alla nuova legge newyorkese non manca neppure da parte del sindaco De Magistris, che, aderendo e presentandosi alla manifestazione ha dichiarato “Napoli è sempre stata città dell’accoglienza, ed è vicina agli Stati Uniti su tanti temi: quello che arriva da New York è un segnale importante”.
E dunque, mentre in materia di diritti civili il progresso fa breccia negli USA, che con esso hanno sempre avuto un rapporto controverso, in Italia, soprattutto a causa delle pressioni vaticane, paiono davvero a una distanza catacombale quelle risoluzioni europee che tutelano i diritti degli omosessuali, come quella del 16 marzo 2000, che chiede di garantire alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali.
Allora non si scenderà in piazza mai abbastanza, in nome delle rivendicazioni sociali, ma rimane la speranza che, attraverso una vera e impegnativa lotta, finalmente si potrà parlare di uguaglianza in materia di diritti civili.