dei “Giovani di Canicattì”
Adolescenti sognatori, è così che amiamo definirci. Un sogno che va vissuto con gli occhi aperti e con i piedi per terra, onde evitare sgradevoli delusioni essendo infatti consapevoli che dura è la battaglia che giorno dopo giorno portiamo avanti con coraggio e con impegno. Nacque tutto alla fine dell’anno scolastico 2009/2010 mentre tutti erano intenti ad effettuare le ultime verifiche scolastiche per poi dedicarsi interamente alle vacanze estive. Noi invece no. Noi, alcuni sedicenni dei Licei di Canicattì, avevamo in mente un progetto chiaro: fondare un’associazione giovanile per favorire la cultura della legalità. Tutto ciò dopo esser venuti a conoscenza della storia di Peppino Impastato, attivista di Cinisi, martire della libertà di pensiero. Ecco come nasce “Canicattì Giovani”, un affermato movimento giovanile nella città dell’Uva Italia. Da quel momento è cambiata la nostra vita. Abbiamo fatto nostro, il concetto di futuro, lo abbiamo assimilato e abbiamo cercato di trasmetterlo a quanti più soggetti possibile per diffondere la nostra ventata di freschezza e legalità.
“Martire della giustizia ed indirettamente della fede”. Così Giovanni Paolo II definì il giudice Canicattinese Rosario Angelo Livatino, assassinato dalla mafia il 21 Settembre 1990, lungo la statale 640 che collega Agrigento a Canicattì. Livatino nasce a Canicattì il 3 Ottobre 1952 dall’avvocato Vincenzo e dalla signora Rosalia Corbo. Sin da bambino, ispirato dagli insegnamenti religiosi conferitegli dai genitori, manifesta un profondo amore verso la fede. In uno dei suoi appunti, scriverà alcuni anni più tardi: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. Conseguita la maturità classica presso il Liceo “Ugo Foscolo” di Canicattì con il massimo dei voti, decise di continuare gli studi iscrivendosi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo dove nel 1975 si laureò “cum laude”. Da qui comincerà la carriera giuridica dell’uomo che per anni è stato erroneamente definito ”il giudice ragazzino”. Durante il biennio 1977/78 divenne prima vicedirettore dell’ufficio del registro di Agrigento per poi vincere un concorso come uditore giudiziario, entrando di fatto in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. L’anno seguente diventò Sostituto Procuratore della Repubblica di Agrigento e ricoprì tale carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a Latere. Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe in un secondo momento esplosa come la “Tangentopoli siciliana”, oltre a mettere a segno numerosi colpi nei confronti della mafia con il prezioso apporto della legge “La Torre/Rostagno”, meglio conosciuta come legge sulla “confisca dei beni”. Ogni anno, a Canicattì, viene indetta la cosiddetta “Settimana della Legalità”, costernata da commemorazioni e conferenza dall’alto valore morale e culturale. Settimana della Legalità istituita per aiutare a mantenere vivo il ricordo di due eroi che hanno contraddistinto la storia della nostra città, le cui date di morte cadono proprio all’interno di tale manifestazione che ogni anno si protrae dal 20 al 25 Settembre. Nel 1993, la professoressa Ida Abate, docente di Livatino ai tempi del liceo, è stata incaricata dal vescovo della diocesi di Agrigento di raccogliere testimonianze per la causa di beatificazione. Il 19 Luglio di quest’anno, l’arcivescovo di Agrigento ha firmato il decreto che ha dato il via al processo diocesiano di beatificazione che è stato aperto lo scorso 21 Settembre durante il pieno svolgimento della settimana della legalità.
Il caso del giudice ragazzino. Per anni Rosario Livatino è stato erroneamente definito “Il giudice ragazzino”, soprannome che deriva da una infelice affermazione rilasciata alcuni anni fa dal Presidente della Repubblica di quel tempo, Francesco Cossiga, il quali esplicitò testuali parole: “Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno…? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un’autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l’amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta”. Cossiga, con l’infelice affermazione “Giudice Ragazzino”, intendeva dire che mai e poi mai avrebbe affidato indagini delicate quali potevano essere quelle di carattere mafioso a magistrati di prima nomina perché giudicati, dallo stesso Cossiga, inesperienti seppur dotati di notevoli capacità.
Il miracolo del giudice? Per procedere verso la beatificazione, la curia dovrà appurare che al giudice venga ascritto almeno un miracolo per intercessione: la guarigione di un male incurabile avvenuto però in modo definitivo. Una donna di Brescia, Elena Valdetara, intervenuta in questi giorni presso una famosa trasmissione televisiva ha dichiarato di essere guarita inspiegabilmente dal morbo di Hodgkin sognando il giudice Rosario Livatino, che mai aveva visto, in abiti sacerdotali che le preannunciava una provvida guarigione. Così la donna, armata di forza e coraggio, decise di interrompere la terapia scoprendosi l’anno successivo libera da quel male che da tempo l’attanagliava. Quel sognò cambio la vita della signora Valdetara che mai potè dimenticare quel volto fin quando, un giorno, non vide su un giornale la foto del giudice venendo a conoscenza della sua storia e del drammatico epilogo che ne seguì. Un uomo onesto, “un uomo probo” direbbe il grande cantautore genovese Dè Andrè: questo era Rosario Livatino, “Martire della giustiza e indirettamente della fede” , ispirato da una religiosità ed una serietà al di fuori dal comune che lo spingeranno, si spera, a divenire un giorno non lontano, Santo.