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Prova a prendermi. Esegesi dell’impero berlusconiano/2

di Rosalba Ferrante

Nel 1973 Silvio Berlusconi fonda la Italcantieri Srl grazie ad altre due misteriose fiduciarie ticinesi: la “Cofigen Sa” di Lugano, diretta dal finanziere luganese Tito Tettamanti, vicino alla massoneria e all’Opus Dei, e la “Eti A.G Holding” di Chiasso, legata al finanziere di estrema destra Ercole Doninelli, proprietario a sua volta di un’altra società, più volte inquisita per riciclaggio di denaro sporco anche con i narcos colombiani, la Fi.Mo.
Nello stesso anno, Berlusconi acquista la Villa San Martino ad Arcore dalla contessina Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera minorenne della nota famiglia nobiliare lombarda, assistita da un pro-tutore, l’avvocato Cesare Previti, figlio di Umberto Previti (prestanome di Berlusconi per “Milano 2”) e dirigente della società “Immobiliare Idra”. La villa ad Arcore, con tanto di quadri d’autore, parco di un milione di metri quadrati, centinaia di ettari di terreni, campi da tennis, maneggio, scuderie e due piscine, viene a costare appena 500 milioni, pagati in azioni di alcune società immobiliari non quotate in borsa. In questo modo, quando la Casati si trasferirà in Brasile e tenterà di monetizzare i titoli, si troverà in mano una manciata di carte. Berlusconi e Previti offriranno allora di ricomprare le azioni, ma alla metà del prezzo inizialmente stabilito. A tal proposito, nel 2000, una sentenza del Tribunale di Roma ha assolto Giovanni Ruggieri e Mario Guarino, autori del libro “Gli affari del Presidente”, che raccontava l’imbarazzante vicenda.
Nel 1974, grazie a due fiduciarie della Bnl, la Saf (ovvero Società Azionaria Finanziaria, rappresentata da un prestanome cecoslovacco Frederick Pollack, nato addirittura nel 1887) e la Servizio Italia (diretta da Gianfranco Graziadei, piduista), nasce la “Immobiliare San Martino” amministrata da un ex compagno di università di Berlusconi: Marcello Dell’Utri. Nel frattempo, in un condominio di Milano 2, nasce una tv via cavo, “Telemilano 58”, che diventerà nota più tardi con il nome di “Canale 5”. Mentre, nel 1977, Berlusconi acquista una quota dall’editrice de “Il Giornale”, il quotidiano fondato nel 1974 da Indro Montanelli.
Nel 1975 le due fiduciarie fanno nascere la Fininvest, la Edilnord e la Milano 2. In tutti questi progetti, tuttavia, il nome di Silvio Berlusconi non compare mai, oscurato ed inabissato, addirittura dal 1968, da prestanome di ogni genere. Questa situazione perdurerà appunto fino al 1975 e al 1979, rispettivamente gli anni in cui Berlusconi divenne prima presidente della Italcantieri e successivamente della Fininvest. Da questi anni quindi ricominceranno ad apparire nuovamente, attraverso vari sistemi e numerosi prestanome, società di ogni genere legate a Berlusconi ed ai suoi cari, tra queste le ventiquattro, poi salite a trentasette, “Holding Italiana”, che composero il gruppo Fininvest. Tutte queste finanziarie, fino al 1985, hanno ricevuto almeno 113 miliardi, di cui alcuni addirittura in contanti, la cui provenienza appare tutt’oggi misteriosa.
A coronamento di questa vasta e così riuscita attività edilizia, nel 1977, Silvio Berlusconi viene nominato Cavaliere del lavoro dall’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone.
Sono questi gli anni della scalata al potere di Bettino Craxi, dal 1976 segretario del Psi.

Nel frattempo, nel 1974, Berlusconi si trasferisce con la famiglia a Villa Casati. Tramite l’avvocato palermitano Marcello Dell’Utri, all’epoca collaboratore di Berlusconi, Vittorio Mangano, noto criminale pluricondannato e più volte arrestato, viene ingaggiato come fattore della villa. In quegli anni, infatti, la criminalità organizzata milanese metteva in atto numerosi sequestri di persona a scopo di estorsione, il compito di Mangano era dunque quello di tutelare la sicurezza del suo datore di lavoro e quella della sua famiglia. Secondo i magistrati, Dell’Utri fece assumere Mangano pur essendo a conoscenza del suo passato malavitoso, ottenendo in questo modo l’approvazione di due dei pezzi grossi di Cosa Nostra, Stefano Bontate e Teresi Girolamo. I magistrati ritengono inoltre che Mangano rimase ad Arcore per tutto il 1975 insieme alla famiglia e che il 1 Dicembre di quell’anno, tratto nuovamente in arresto perché possedeva un coltello vietato, dichiarò di risiedere ad Arcore: quando poi cinque giorni dopo uscì di prigione ritornò nuovamente ad Arcore, che dichiarò essere il suo domicilio. L’allontanamento di Mangano da Arcore avvenne nel 1975, dopo che fu sospettato di aver organizzato il sequestro di Luigi D’Angerio, principe di Sant’Agata. Questo aveva appena lasciato la villa ad Arcore dopo una cena con Berlusconi, Dell’Utri e lo stesso Mangano. A proposito di ciò, al processo contro Dell’Utri viene riportato che l’allontanamento avvenne per decisione di Berlusconi, il quale continuò ugualmente ad ospitare nella sua villa ad Arcore la famiglia del mafioso. Ancora, nel maggio del 1975, una bomba esplode nella villa di Berlusconi a Milano in via Rovani. Berlusconi, infatti, aveva iniziato a ricevere, subito dopo l’allontanamento di Mangano, delle lettere contenenti minacce. A causa di queste, il giovane imprenditore decide in un primo momento di portare la famiglia in Svizzera dove rimasero per circa tre settimane, successivamente si spostano in Spagna, precisamente a Marbella, dove rimasero per qualche mese. La villa di via Rovani subisce un secondo attentato nello stesso anno, nonostante ciò i responsabili di entrambi gli attacchi restano introvabili. Tuttavia, grazie ad alcune intercettazioni telefoniche tra Berlusconi e Dell’Utri, appare evidente che entrambi non avessero dubbi nel ricondurre l’attentato proprio a Vittorio Mangano. In un’intercettazione telefonica tra Berlusconi e Dell’Utri, il primo, riferendosi al secondo attentato alla villa, lo definì scherzosamente: “Una cosa fatta con molto rispetto, quasi con affetto (…) perché mi ha incrinato solo la parte inferiore della cancellata”. Nonostante ciò, nessuna indicazione venne fornita agli investigatori: addirittura si decise di non denunciare l’attentato. Esso tuttavia non può essere attribuibile a Mangano, in quanto all’epoca era ancora in carcere. Piuttosto si potrebbe attribuire alla mafia catanese: Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra, dopo aver sollecitato Berlusconi con intimidazioni telefoniche, decise di prendere in mano la situazione che riguardava lui e Dell’Utri, in modo da poterla sfruttare anche per agganciare politicamente Bettino Craxi.

Un rapporto della Criminalpol di Milano ha notato, grazie all’ascolto di intercettazioni telefoniche, che dal legame tra Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri non possono essere di certo escluse le società per le quali quest’ultimo lavorava, ovvero la “Inim spa” e la “Raca spa”, per l’appunto società commerciali gestite dalla mafia ed attraverso le quali la mafia riciclava denaro sporco. Secondo la Corte, Dell’Utri rappresentava presso i mafiosi gli interessi del gruppo Fininivest per conto di Silvio Berlusconi.
Vittorio Mangano verrà condannato per narcotraffico al maxiprocesso istituito dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1986 e nel 1998 verrà condannato all’ergastolo per omicidio e mafia. Morirà nel luglio del 2000 e, a tal riguardo, Dell’Utri commenterà nel 2008 che Mangano “a suo modo fu un eroe, in quanto sarebbe uscito dal carcere con lauti premi se avesse accusato me e il presidente Berlusconi”, il quale, il giorno seguente, si dichiarò dello stesso avviso. La procura di Palermo ha indagato su Berlusconi e Dell’Utri dal 1996 per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Berlusconi fu messo da parte un anno dopo, a seguito delle indagini preliminari, mentre Dell’Utri venne rinviato a giudizio. Nel 2004 Marcello Dell’Utri è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa a nove anni di carcere, ridotti nel 2010, in appello, a sette.