di Lorenzo Mineo
Il 26 ottobre 2011, il Parlamento europeo a Strasburgo ha votato quasi all’unanimità (584 sì, 6 no, 48 astenuti), il rapporto sulla criminalità organizzata nella Ue presentato dall’eurodeputata italiana dell’IDV Sonia Alfano. La proposta vuole l’inclusione di una Commissione parlamentare antimafia europea, che escluda i condannati per reati di mafia dalle liste elettorali per l’europarlamento e studi norme per la tracciabilità dei fondi europei. La commissione nascerebbe dunque sul modello di quella italiana, che, istituita dal 1962, è impegnata a formulare proposte di legge atte a rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato nella repressione e prevenzione delle attività mafiose.
Il voto europarlamentare, oggi, esprime la necessità che la lotta alla criminalità organizzata assuma finalmente un carattere internazionale. L’Europa darà dunque il suo contributo, non solo in aiuto all’Italia, ma innanzitutto in aiuto a se stessa. Sono sempre più numerosi, infatti, i casi di infiltrazione mafiosa all’estero: l’assalto delle mafie si è lanciato, solo negli ultimi cinque anni, nel riciclaggio di denaro sporco in Gran Bretagna, nell’industria turistica sulle coste Spagnole, in numerose attività imprenditoriali tedesche (di cui la strage di Duisburg, avvenuta per un “regolamento di conti” tra clan rivali della ‘Ndrangheta, è stato esempio emblematico). Il tutto avrebbe fruttato introiti miliardari alle organizzazioni mafiose, e, secondo un rapporto del procuratore Gaetano Paci, solo nel 2010 l’ammontare corrisponderebbe a circa 310 miliardi di euro.
Di fronte a ciò, sostiene Rosario Crocetta, eurodeputato PD e ideatore della proposta, l’istituzione di questa commissione rappresenterebbe una “rivoluzione culturale”, in quanto l’Europa “prenderebbe finalmente coscienza che la mafia non è un problema nazionale, ma un fenomeno che affligge tutti gli stati europei”.
Insomma, anche stavolta la metafora del Titanic diventa paradigmatica: per salvarsi non resta che aiutarsi l’un l’altro.