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Prova a prendermi. Esegesi dell’impero berlusconiano/4

di Rosalba Ferrante

Se tra tutte le dispute più delicate ed intricate riguardanti il giro d’affari berlusconiano, se ne dovesse scegliere una in particolare, essa sarebbe senza dubbio quella riguardante il conflitto d’interessi per l’acquisto delle reti televisive, società di assicurazione, colossi dell’editoria ed imprese turistiche.
Un conflitto d’interessi sorge in presenza di proprietari d’imprese che vengono ad assumere cariche pubbliche. Secondo il settimanale britannico “The Economist”, nel 2001, Berlusconi possedeva circa il 90% del panorama televisivo italiano. La “Freedom of the Press 2004 Global Survey” (l’Indagine mondiale sulla libertà di stampa del 2004) ha retrocesso l’Italia dal grado di “Free” (Libera) a quello di “Partly Free” (Parzialmente Libera), sulla base di due ragioni principali, la concentrazione del potere mediatico nelle mani del Presidente del Consiglio Berlusconi e della sua famiglia ed il suo abuso di potere nel controllo della televisione pubblica RAI. L’indagine dell’anno successivo non ha migliorato la situazione, facendoci retrocedere di ulteriori posizioni in classifica. Ma partiamo dal principio.
Nel 1976, la sentenza n.202 della Corte Costituzionale decise di aprire anche agli emittenti locali, ciò che fino a quel momento era stato di appannaggio esclusivo dello Stato: l’esercizio dell’editoria televisiva.
Sappiamo che Silvio Berlusconi già dal 1978 aveva acquistato Telemilano, diventata poi nel 1976 Canale 5 e sappiamo anche che, nel 1978, Berlusconi aveva fondato la Fininvest, una holding atta a coordinare tutte le sue attività. Nel 1980, ancora, Berlusconi fonda con Marcello Dell’Utri Publitalia 80, una concessionaria pubblicitaria per le reti tv. È lo stesso anno in cui, durante uno spettacolo al teatro Manzoni a Milano, conosce l’attrice Veronica Lario, allora Miriam Bartolini, se ne innamora e decide di nasconderla in un’ala della sede Fininvest in Via Rovani a Milano. La donna rimane incinta e, nel 1984 sempre nel segreto più assoluto, va a partorire in Svizzera una bambina, Barbara. Nel 1983, inoltre, alcune intercettazioni telefoniche compiute dalla Guardia di Finanza di Milano nell’ambito di un’inchiesta sul traffico di droga, registrano che il noto imprenditore finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in Lombardia ed in Lazio. L’indagine è seguita inizialmente da Giorgio Della Lucia, successivamente passato all’Ufficio istruzione ed imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell’Utri. Dopo otto anni di stasi, completamente abbandonata, l’indagine viene archiviata dal gip milanese Anna Cappelli, nel 1991.


Nel 1981, Berlusconi inizia ad utilizzare la sua rete di emittenti locali come se fosse un’unica emittente nazionale, fino a quando, con un giorno d’anticipo, registra il palinsesto e le pubblicità che trasmette il giorno seguente in tutta l’Italia. Nel 1982 Berlusconi acquista l’emittente televisiva Italia 1 dall’editore Edilio Rusconi e, nel 1984, l’emittente Rete 4 dal gruppo editoriale Arnoldo Mondadori Editore, il cui allora presidente era Mario Formenton. È ormai titolare di tre network televisivi nazionali e può, a tal punto, entrare in concorrenza con la Rai. Ma, il 16 Ottobre 1984, tre pretori di Torino, Roma e Pescara oscurano le reti Fininvest. Ora, secondo la legge in vigore e con le sentenze della Corte Costituzionale n.59 del 1960, la creazione di un gruppo di canali televisivi era illegale. Inoltre, in un pronunciamento del 1981, si riaffermava l’incostituzionalità del controllo, da parte di un soggetto privato, di una televisione nazionale: per l’articolo 21 della Costituzione italiana, che prevede il diritto di “manifestare la libertà del proprio pensiero con parola, scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”, concedere questo privilegio ad un soggetto privato, dati gli spazi limitati a disposizione, avrebbe rappresentato una lesione allo stesso diritto. Berlusconi, dunque, aveva violato tale legge trasmettendo contemporaneamente gli stessi programmi su tutto il territorio nazionale. Di tutta risposta e in segno di protesta, l’imprenditore oscura le sue emittenti, attribuendo il black out ai giudici e scatena il popolo dei teledipendenti con lo slogan “Vietato Vietare”, rilanciato successivamente dallo show del giornalista piduista Maurizio Costanzo. Il 20 Ottobre 1984, quattro giorni dopo, l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, abbandonando appositamente una visita di Stato a Londra, interviene di persona nella questione aperta dalla magistratura emanando un apposita “legge ad personam” che rimette in attività le tv illegali di Berlusconi. Tuttavia, il 28 Novembre, il Parlamento rifiuta il decreto legge perché incostituzionale e permette nuovamente alla magistratura di riprendere l’azione penale contro la Fininvest. Il 6 Dicembre del 1964, dunque, Craxi vara un nuovo decreto Berlusconi, presentando al Parlamento la questione di fiducia che ottiene, e proponendo ai partiti lo spauracchio della crisi di governo e delle elezioni anticipate in caso di mancata conversione in legge. La Corte Costituzionale aspetta tre anni per esaminare la legge, che lascia in vigore, sottolineandone tuttavia la temporaneità. Nel 1990, è poi lo stesso Caf, attraverso la “Legge Mammì”, definita anche “Legge Polaroid” per la maniera altamente fedele con cui fotografava l’immobilità della situazione, a decretare illecito il possesso di più di tre canali, non introducendo però alcun limite all’ambigua situazione di Berlusconi. La legge suscita forti polemiche e causa le dimissioni per protesta di cinque ministri del VI Governo Andreotti. Vengono decretate contemporaneamente altre norme volte ad impedire posizioni dominanti nell’editoria dei quotidiani e Berlusconi è quindi costretto a cedere le proprie quote della società editrice de “Il Giornale”, acquistate a partire dal 1977, al fratello Paolo. Nel 1994, una nuova sentenza della Corte Costituzionale, la n.420, dichiara incostituzionale parte della legge.
In quegli anni, tuttavia, il gruppo di Berlusconi si diffonde per gran parte dell’Europa: in Francia, nel 1986, fonda “La Cinq”, chiusa poi nel 1992; in Germania, nel 1987, Tele 5, anch’essa chiusa nel 1992, ma riaperta nel 2002; in Spagna, infine, nel 1990, Telecinco.
Proprio in Spagna e a favore dell’emittente di sua proprietà Telecinco, Berlusconi, insieme ad altri menager Fininvest, è stato accusato di violazione della legge antitrust, frode fiscale ed altri reati tra i quali riciclaggio di denaro. Il processo viene tuttavia sospeso dal 1999 fino al 2006 a causa dell’immunità di cui Berlusconi gode, in un primo momento in quanto eurodeputato, successivamente in quanto Capo di Stato estero. Alla fine del terzo mandato Berlusconi, e quindi nell’Aprile del 2006, e con l’avvento del secondo di Prodi, il giudice Baltastar Garzòn, il primo ad aver avviato il procedimento, riapre il fascicolo a carico di Berlusconi, assolto infine nel 2008. Tutt’oggi, attraverso concessioni a valenza transitoria, Berlusconi continua ad operare nel settore televisivo tramite l’azienda di sua proprietà Mediaset. Una questione, questa, che ha suscitato, come si è visto numerose polemiche, tra le quali ad esempio quella di Rete 4, acquistata, come già riportato, nel 1984. A tal proposito la giustizia ha imposto più volte al canale di passare al sistema digitale e di far sì che le sue frequenze analogiche passassero ad Europa 7, emittente televisiva di Francesco Di Stefano. Tramite la legge Gasparri, tuttavia, Rete 4 ha continuato a trasmettere i suoi programmi, fino all’avvento del digitale terrestre, che ha permesso, con l’acquisizione di più canali, che la polemica si smorzasse.
Dall’Ottobre 2010, Silvio Berlusconi è indagato con l’ipotesi di evasione fiscale e reati tributari nell’inchiesta di Milano sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici Mediaset. Nell’inchiesta è coinvolto anche il figlio Piersilvio Berlusconi.