di Ilaria Giugni
“La chiamavano Mama Africa, cantava libertà. La chiamavano Mama Africa, per sempre resterà” (“Miriam (Mama Africa)” di Lucariello, da “I Nuovi Mille”).
Tre anni fa Miriam Makeba moriva a pochi chilometri da qui, da Napoli, a Castel Volturno. Mama Africa, cantante pluripremiata e voce degli africani nella lotta antiapartheid, spirava all’ospedale Pineta Grande a seguito di un malore, che l’aveva colpita sul palcoscenico.
La sera del 9 Novembre 2008 Castel Volturno ospitava un concerto antirazzista contro la Camorra, un memoriale per gli africani morti nella strage di pochi mesi prima. Il 18 settembre un commando di cinque uomini armati aveva sparato sulla sartoria “Ob Ob exotic fashions” con kalashnikov e mitragliatrici, lasciando a terra i sei corpi innocenti. La paranza di fuoco, guidata da Giuseppe Setola, braccio armato del clan dei Casalesi, aveva agito per colpire la comunità nera, un vero e proprio avvertimento per la mafia nigeriana. Unico particolare comprovato è che nessuna delle vittime – i ghanesi Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams e i togolesi Samuel Kwako, El Hadji Ababa, James Alex ed Jeemes Alex- avesse rapporti con la criminalità organizzata: si trattava di braccianti e muratori.
Il giorno seguente, la comunità africana di Castel Volturno era scoppiata in un’esplosione di rabbia: avevano divelto i segnali stradali, ribaltato i cassonetti, bloccato l’autostrada per ore.
Mama Africa aveva sentito il richiamo della sua gente, come sempre. D’altronde, aveva consacrato la sua stessa esistenza alla lotta per i diritti e la dignità degli africani.
Nata a Johannesburg, con la sua voce e il talento nell’unire il jazz alla tradizione musicale africana era riuscita a conquistare la popolarità. Con la fama era arrivato anche l’esilio: Miriam Makeba era sgradita al governo di bianchi per il suo impegno civile e politico.
Nei 30 anni trascorsi lontani dalla sua terra, prima che Nelson Mandela la convincesse a tornare, aveva cantato il disagio della popolazione nera in Europa e negli Stati Uniti, dove la sua unione con l’attivista per i diritti degli afroamericani Stokely Carmichael era stata fortemente osteggiata dal governo, fino al bando dei suoi dischi all’interno dei confini americani.
Successi internazionali come “Pata pata” e “The click song”, veicolo del suo impegno e del bisogno di libertà degli africani, la portarono in Guinea, di cui fu delegata presso le Nazioni Unite. Fu poi nominata ambasciatrice della Fao e ricevette la Medaglia Otto Hahn per la Pace.
La sera del 9 Novembre 2008 Miriam Makeba cantò per la sua gente, nonostante avesse avvertito forti dolori al petto prima di entrare in scena. In molti, tra i quali lo scrittore Roberto Saviano, a cui il concerto era dedicato, hanno denunciato un grave ritardo nei soccorsi.
Miriam fu stroncata da un malore sul palcoscenico. Ci ha lasciato come un soldato valoroso che cade sul campo.