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La protesta e la contro-protesta nell’Università di Napoli

di Gianmarco Botti

Ha avuto il via, in mezzo alle proteste dei ricercatori e degli studenti e con più di un dubbio sul normale svolgimento dei corsi, l’anno accademico 2010-2011 dell’Università Federico II di Napoli. È il terzo che vede la luce nell’era Gelmini, ma già nel suo sorgere si preannuncia il più controverso. Dibattuta, infatti, è stata anche la decisione, presa dal neo-rettore Massimo Marrelli, di procrastinare l’inizio delle lezioni di una settimana (dal 4 all’11 ottobre) per venire incontro alle agitazioni dei ricercatori, nella speranza che si potesse presto giungere ad una soluzione circa la questione dei precari, che la riforma proposta dal ministro verrebbe a rottamare. Una scelta peraltro condivisa dai vertici di molti altri atenei italiani che si sono regolati allo stesso modo. Tuttavia, ad alcuni, tutto questo non è proprio andato giù e così nell’istituto fridericiano, alle proteste e al sostegno accordato loro dal rettorato, è seguita una contro-protesta. Di questa si sono fatti portavoce gli “Studenti per le Libertà”, il movimento degli universitari del Pdl, i quali hanno parlato della decisione del rettore come di “un atto profondamente irresponsabile”, in pratica di “un sabotaggio del diritto allo studio”, per riprendere le parole del loro presidente nazionale Armando Cesaro. Questo perché, continua Cesaro, quella dei ricercatori e degli studenti è “una protesta dal fondamento esclusivamente politico”. Parole forti, che si accompagnano ad una proposta concreta, qual è quella lanciata dalla petizione online “No esami? No tasse”.
Ci sarebbe da sottolineare come, alla protesta del mondo dell’università contro la riforma del Governo, aderiscano tantissimi ricercatori e studenti non affiliati ad alcuna particolare fazione politica, ma impegnati soltanto a difendere i loro diritti e il loro futuro nell’università; e come, invece, i sostenitori della contro-protesta, i paladini del diritto allo studio, facciano parte di un movimento a sfondo chiaramente politicizzato. Ma, almeno per una volta, proporrei di tralasciare la politica, uscendo dalla solita maledetta logica della contrapposizione che contraddistingue il bipolarismo italiano. È tanto più facile tentare un simile esperimento oggi, mentre apprendiamo che per mancanza di copertura finanziaria la discussione della riforma in Parlamento viene differita alla fine di novembre o addirittura agli inizi di gennaio e che la possibilità stessa della sua approvazione è adesso fortemente a rischio. Ma dirò di più. Abbandonare atteggiamenti dettati da partigianeria politica è anche e soprattutto doveroso quando in ballo ci sono questioni di interesse generale come l’università, la scuola, la sanità. Nell’affrontare questi temi bisogna riscoprire il concetto di bene comune, al quale tendere e per il quale operare al di fuori e al di sopra di ogni interesse di categoria. Non esiste un diritto allo studio contrapposto al diritto al posto di lavoro dei ricercatori o al loro diritto alla protesta. Quando si finirà di considerare questi diritti come in conflitto fra loro, sarà stato fatto un grosso passo avanti verso il bene comune e la tutela delle esigenze di tutti. “Universitas” sta per universalità, totalità. E l’università o si salva tutta o non si salva affatto. Una bella dimostrazione in tal senso è venuta dai “piani alti” degli atenei, quelli che poi sarebbero meno toccati dalla riforma.
Mi torna in mente il filosofo e professore di fama internazionale Dario Antiseri, che, nella puntata di Ballarò di martedì scorso, si è schierato con forza dalla parte dei ricercatori, una risorsa essenziale per l’università che in buona parte si regge anche sulle loro spalle. In questo senso va anche il gesto del rettore Marrelli. Un gesto simbolico, ma pur sempre carico di significato ideale. È di questo che ha bisogno l’università e la società tutta. Non certo di proposte eversive come quella dei sostenitori della contro-protesta che avrebbero il solo risultato di mettere ulteriormente in ginocchio l’università di Napoli.