di Ilaria Giugni
RIMINI – Si è tenuta sabato scorso la “III Cena della Legalità”, organizzata dal GAP-Gruppo Antimafia Pio La Torre, associazione romagnola che si occupa di legalità in un territorio solo apparentemente esente dal morbo della criminalità organizzata.
I piatti offerti ai duecento partecipanti sono simbolo della lotta alla mafia: ad imbandire la tavola, infatti, i prodotti della “Cooperativa Lavoro e Non Solo” di Corleone.
Dall’estate del 2004, Calogero Parisi, presidente dell’associazione, ospita giovani volontari provenienti da tutta Italia per coltivare i terreni confiscati a Cosa Nostra ed affidati alla cooperativa siciliana.
Presente alla cena, come ospite d’onore, Pino Maniaci, giornalista siciliano, sentinella della legalità di Partinico, dove dodici anni fa ha fondato “Telejato”, televisione comunitaria. Il suo è un intervento lungo. Non appena si ricorda al pubblico che ha ricevuto 309 querele, non ne può più, con la sua spontaneità afferra il microfono ed esclama: “Io dico che Marcello Dell’Utri è il nuovo capomafia della Sicilia. Ha ricevuto una condanna di sette anni per associazione mafiosa e siede ancora in Parlamento, ma la trecentodecima querela non me la manda!”.
Da lì è un fiume in piena, ne ha per tutti, innanzitutto per i suoi colleghi: “Il problema in Italia è che l’informazione è politicizzata. Dove sono i giornalisti? Si diventa mosca bianca se si viene lasciati soli nel proprio mestiere. Raccontare il malaffare è il mestiere del giornalista. In Sicilia, poi, ci vogliono dei giornalisti missionari, bisogna amarla la nostra Terra. E io l’adoro”.
Maniaci si scaglia poi contro il digitale terrestre, colpevole di aver appiattito il panorama dell’informazione. “Il bavaglio alla stampa l’hanno messo con il digitale terrestre: non è previsto il passaggio sulla piattaforma delle televisioni comunitarie, quelle che devono fare il 60% al giorno d’informazione locale, nate con la legge Mammì, oggi 250 in Italia”.
Telejato, infatti, rischia di chiudere nel 2012. Al fianco di Pino e della sua famiglia, che costituisce l’intera redazione della televisione di Partinico, si è schierata la società civile, fondando il comitato “Siamo tutti Telejato, siamo tutti Pino Maniaci”.
Il telegiornale delle 14.15 è un appuntamento fisso per moltissimi siciliani. Telejato arriva in venticinque comuni, definiti ad “alta densità mafiosa”, per un totale di 180000 spettatori. Molti, le intercettazioni lo confermano, sono mafiosi. Pino Maniaci subisce ogni giorno intimidazioni, il numero delle lettere minatorie ricevute è così alto che a casa ci scherzano, racconta.
In termini numerici stiamo parlando di quaranta gomme bucate, due vetri infranti da proiettili e freni tagliati.
Eppure Pino Maniaci non si ferma, è una questione di principio, una lotta fatta di passione e di devozione. D’altronde, facendo nostre le sue parole, “loro si credono uomini d’onore. E per noi disonorarli è una questione d’onore”.