Home » Esteri, News, Politica » Ombre sulle elezioni di Putin: democrazia o regime zarista?

Ombre sulle elezioni di Putin: democrazia o regime zarista?

di Stefano Santos

Le consultazioni per rinnovare la Duma, in Russia, hanno visto la vittoria del partito del premier Putin, Russia Unita, con una percentuale prossima il 50%, sufficiente a distanziarlo dagli altri partiti d’opposizione, come il Partito comunista (che ha ottenuto il 19% delle preferenze), il partito “Russia giusta” (di centro-sinistra, al 11,6%) e il partito liberal-democratico (che si ferma al 13%). Come gli stessi esponenti del partito vincitore hanno affermato subito dopo le elezioni, “Il partito si è comportato bene”.
Andando però indietro nel tempo, facendo quindi un confronto con le precedenti elezioni del 2007, risulta che Russia Unita ha subito un netto calo dei consensi, dal 64% di allora al 49,6% di questi giorni. La maggioranza per governare rimane, ma perde la facoltà di poter modificare la Costituzione contando unicamente su sé stessa, e in termini di popolarità è un grave colpo per il partito del Presidente e del premier che fino ad allora poteva contare su un vasto consenso. Un seguito che per i principali esponenti dell’opposizione non esiste più: infatti, subito dopo aver appreso i risultati, sono state organizzate manifestazioni, nel centro di Mosca e di altre città russe (San Pietroburgo, Niznij Novgorod) per denunciare brogli, immediatamente represse dall’ingente numero di agenti dislocati per garantire la “sicurezza”, attraverso arresti preventivi, perfino nelle metropolitane, e chiusure strategiche di punti chiave per le proteste, come la Piazza Rossa. Si contano più di trecento arresti.

Sicurezza è messa tra virgolette perché da più parti salgono voci che contestano i risultati e paventano una svolta autoritaria del regime. Dalle opposizioni, dagli osservatori internazionali, che hanno denunciato diverse irregolarità nello svolgimento, e in alcuni casi, anche una dissuasione dall’operare (lo riferisce il deputato Andrea Rigoni, osservatore mandato dal Consiglio d’Europa) e infine, da Michail Gorbacev, ultimo segretario del PCUS e noto per le sue posizioni critiche verso il premier Putin, che denuncia apertamente brogli e invita anche a un dietrofront da parte del Cremlino, che riconosca l’irregolarità negli scrutini, per non destabilizzare una situazione già concitata.
Intanto, arrivano particolari sulle irregolarità e le forzature compiute, a livello pratico e burocratico, per salvare la maggioranza che, secondo dati non ufficiali, non sarebbe riuscita a andare oltre il 30%.
Rimane infine l’ambiguità di Putin, che alle telecamere e ai cronisti appare sicuro, quasi trionfante per il risultato, mentre è evidente l’insicurezza celata dietro al dispiegamento di un numero tanto alto di agenti e all’uso sistematico dell’arresto. Un’insicurezza derivata anche dal fatto di aver perso quel consenso granitico che lo ha accompagnato nella sua ascesa al potere, da delfino di un El’cin in crisi con un passato da agente nel Kgb, a padrone incontrastato della scena politica russa, modellata fino a oggi secondo le sue volontà, con modalità che richiamano la deceduta autocrazia Zarista. La quale, però, mal si accorda con una normale prassi democratica.