di Roberto P. Ormanni
NAPOLI – Sono stati centinaia i volti della comunità senegalese napoletana che hanno sfilato per le strade della città. Fasce nere al braccio, occhi che lasciano intravedere qualche commozione dell’anima. Nessuna festa né pasqua. Oggi è stato il giorno dedicato al lutto e al ricordo di Mor Diop e Modou Samb, i due uomini senegalesi morti martedì scorso a Firenze, uccisi dalla violenza razzista di Gianluca Casseri, ragioniere pistoiese che dopo aver compiuto la sua “caccia al nero” armato di pistola si è suicidato braccato dalla polizia.
La manifestazione centrale della giornata era in realtà organizzata proprio nel capoluogo toscano, eppure, nella lista delle piazze d’Italia chiamate a presidio, Napoli ha visto una partecipazione così ampia non a caso: la Campania, infatti, nel Meridione, rappresenta la regione con la più alta percentuale di popolazione africana immigrata. Un vero e proprio cuore nero che pulsa.
La marcia ha inizio a piazza Garibaldi, nella prima mattinata veramente fredda di dicembre, e gli intervenuti sono in buona parte senegalesi. Ma non è solo loro la voce degli immigrati in corteo. La manifestazione, infatti, accoglie tutti gli uomini e tutte le donne che vivono in Italia (chi da poco, chi da una vita) perché costretti a lasciare il proprio paese a causa di miseria e disagi. Durante il cammino verso piazza del Plebiscito, così, per tutto il tempo, dal microfono aperto risuona nell’aria non solo il dolore, ma i linguaggi, la rabbia, le storie e le richieste di uomini, immigrati in Italia e “considerati oggetti”, che sperano che “il vento della primavera araba possa arrivare fin qui”.
Forte è il risentimento verso l’istituzione, verso lo Stato, che “permette il razzismo e non lo combatte fino in fondo”, approvando “leggi assurde”, come il “pacchetto sicurezza” del precedente governo. Proprio le norme in materia d’immigrazione promulgate dall’ex-premier Berlusconi, infatti, portano agli stranieri le maggiori difficoltà: leggi che “non tutelano gli immigrati”, ma servono e sono servite a “far credere agli italiani che gli immigrati portano violenza nel paese”. Le critiche sono rivolte anche verso la terminologia utilizzata dai media, che troppo spesso filtrano la verità anziché riportarla: “Casseri non è un pazzo – spiega un giovane senegalese al microfono – sarebbe sbagliato definirlo tale. Un pazzo uccide degli uomini indiscriminatamente. Casseri è un razzista ed il suo gesto è una follia razzista”.
Al termine del corteo, davanti alla prefettura, viene recitata una preghiera per Samb e Diop, mentre una delegazione dei manifestanti incontra il prefetto Andrea De Martino e il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri (proprio oggi in visita a Napoli). La discussione ha toccato i temi chiave trattati durante la manifestazione: equità, rispetto e, soprattutto, sicurezza. Omar Ndiaye, rappresentante dei senegalesi in città, ha chiesto di non abbandonare le indagini a Firenze e, nel frattempo, di valutare l’ipotesi di chiusura dell’associazione Casa Pound Italia.
“Non siamo bestie, siamo uomini”, è il concetto che viene ripetuto più volte.
Intanto, negli alberghi della zona est della città persiste il dramma dei novecento rifugiati arrivati dalla Libia, in attesa di permesso di soggiorno, senza lavoro né speranza. E mentre a Napoli sembra essere arrivato il freddo invernale, qualche senegalese dalla piazza mantiene accesa la fiamma e ripete tra sé “Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”.