di Fabio Quattromani
E’ un Natale di crisi, questo è sicuro. Ma lo è soprattutto per 800 lavoratori dell’indotto Trenitalia, le Ferrovie dello Stato.
Venerdì scorso, a Torino, tre ferrovieri licenziati (Matteo Mele, Antonio Previti e Nicola Sabba), dopo tre giorni e due notti trascorsi sulla gru del grattacielo dell’Intesa Sanpaolo in costruzione, sono scesi solo dopo essere stati rassicurati dal sindaco della città, Piero Fassino, che ha certificato per gli impegni promessi dalla compagnia ferroviaria
A Milano, intanto, la comunità dei ferrovieri trova voce in Carmine Rotatore, Giuseppe Gison e Oliviero Cassini, saliti e accampati da tredici giorni sulla torre stazione Centrale di Milano.
Le protese nascono tutte in risposta alle scelte di Mauro Moretti, amministratore delegato Trenitalia, che ha deciso di sopprimere i “wagon lits”, ovvero i vagoni letto, quei vagoni in cui le persone in viaggio di notte potevano dormire. Quei vagoni in cui gli 800 lavoratori, ormai licenziati, avevano il loro turno di servizio.
E’ dall’11 dicembre che viaggi del genere non sono più disponibili sui binari d’Italia, eppure saranno attivissimi verso la Francia, la Germania, l’Austria e altre nazioni, che, viste le richieste, hanno invece incrementato questo servizio. La Francia, per esempio, ha preso accordi significativi con Trenitalia: la gestione di una grossa fetta di tratte internazionali andrà ad una società d’oltralpe, la Veolia.
La scelta dell’amministrazione Trenitalia viene motivata dall’investimento sui treni ad alta velocità, nonostante Moretti abbia in passato già speso milioni per ristrutturare vagoni letto e per finanziare i corsi di formazione del servizio notturno.
Epppure, la rimozione dei wagon lits non si ripercuote soltanto sui lavoratori: oggi per arrivare da Palermo a Bologna si è costretti a cambiare tre treni, spendendo una cifra di molto superiore ad un unico biglietto di viaggio notturno.
Nel pomeriggio di giovedì scorso, Trenitalia si è preoccupata di comunicare ai lavoratori che saranno tutti ricollocati nei prossimi 24 mesi, ma i ferrovieri non ci credono, richiedono carte scritte. E Carmine, dalla gru di Milano, dichiara “Noi rispondiamo che questo è l’ennesimo tranello mediatico”.