di Roberto P. Ormanni
NAPOLI – Dopo aver percorso una lunga strada in salita, a strapiombo sul mare e attorniata da alberi, arrivo all’Istituto Penale Minorile di Nisida. L’aria è silenziosa. Gianluca Guida, direttore del carcere dal 1996, mi accoglie all’entrata. Una volta nel suo ufficio, iniziamo a discutere della struttura. Il penitenziario, in funzione dalla fine degli anni ’80, ha una capienza fissata a 40 detenuti di sesso maschile e 12 di sesso femminile e ha un’utenza prevalentemente campana. I giovani che arrivano scontano in genere condanne per furti, rapine, omicidi o spaccio. Il direttore spiega che l’istituto sta oggi sopportando un serio problema di sovraffollamento, dal momento che vengono ospitati quindici reclusi in più del dovuto. Ma la comunità, facendo fronte ai disagi, continua a lavorare come sempre, seguendo i ragazzi con attività formative, progetti di crescita e corsi d’istruzione. “La nostra scuola lavora in modo sperimentale” spiega Guida. Una rieducazione che mira ad accrescere le potenzialità del giovane detenuto per un prossimo reinserimento nella società. Tante le iniziative: dai laboratori di formazione professionale a quelli di sviluppo affettivo. Brillante è il programma educativo PetTherapy, che stimola il voltafaccia del detenuto attraverso la cura di animali. Quest’anno l’istituto ha coinvolto in un progetto alcuni scrittori napoletani, che hanno incontrato i ragazzi, traendo spunti per considerare Nisida una realtà letteraria. Ora il direttore mi porta a passeggiare “oltre il cancello”, nella vera e propria struttura. Visito le cucine e mi viene presentato il cuoco, don Peppino, un uomo anziano ma con gli occhi vispi, che mi offre un caffè e mi mostra la sala da pranzo.
Prima di andare via, noto uno spazio con altalene e scivoli. Lì i detenuti trascorrono i colloqui con i loro figli. I ragazzi, mi spiega, cercano nella genitorialità una risoluzione dei problemi e un rinnovamento; ma non funziona così. I cambiamenti dipenderanno dalle loro scelte, dalle opportunità che gli saranno offerte e da un’evoluzione della città stessa. “Napoli deve riscoprirsi un insieme di persone che hanno voglia di riscattare il presente amaro” dice il direttore Guida. E probabilmente sarebbe questa la vera rivoluzione.