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Il fallimento del proibizionismo

di Roberto P. Ormanni

Era il 1913 quando la California vietò l’uso della marijuana. Fu il primo Stato americano a perseguire la politica di proibizionismo.
Ma il prossimo 2 novembre, la popolazione governata da Arnold Schwarzenegger, sarà chiamata al voto per il referendum Proposition 19, decisivo verso la liberalizzazione della marijuana.
Molte sono le voci contrarie, tra cui il segretario della Giustizia, Eric Holder, che da Washington dichiara “Questo ministero si oppone alla legalizzazione proposta dal referendum”. Adottata una linea dura anche dallo stesso governatore repubblicano Schwarzenegger, sostenuto dallo sceriffo di Los Angeles. Questi, infatti, respingono il referendum definendolo un “intralcio alla lotta contro la tossicodipendenza”.
Ma le opinioni sfavorevoli non sono solo statunitensi. Il presidente del Messico, Felipe Calderon, ha denunciato il pericolo che “la California diventi uno stato criminale, dove i narcos messicani potranno operare impunemente”. Eppure, nonostante le obiezioni, la portavoce della campagna per il sì alla Prop 19, Dale Sky Jones, è convinta che più si allunga la lista delle autorità contrarie, più le possibilità di vittoria aumentano. I sondaggi, infatti, dicono che il 56% dei californiani si dice favorevole alla legalizzazione. Il referendum, comunque, punta a legalizzare il possesso (limitato agli adulti di oltre 21 anni) di 28 grammi di erba e la coltivazione di appezzamenti di terreno di 2,5 metri quadri.
“La marijuana – dice la Sky Jones – è meno nociva dell’alcol e il proibizionismo crea un business criminale che scomparirebbe con la legalità”. Ed è questo il punto sul quale i promotori della Proposition 19 punteranno la loro campagna.
Il proibizionismo, a livello internazionale, è diventato il fattore più conveniente per la criminalità ed è proprio da questo dato che parte la volontà di liberalizzazione. E’ chiaro che le droghe – come ogni affare dichiarato illegale – sono controllate e gestite dai cartelli criminali, i quali traggono smisurati guadagni dai traffici illeciti. Legalizzare, dunque, equivarrebbe a spezzare grossi proventi illeciti di clan e trafficanti.
Inoltre, se lo Stato iniziasse a controllare e a sorvegliare il mercato delle sostanze stupefacenti, probabilmente inizierebbe una crescita per il Paese non solo civile, ma anche economica. Lo spinello, infatti, venendo tassato come le sigarette, potrebbe contribuire a risanare le finanze locali. E in periodo di crisi (la California, per esempio, affonda sotto 20 miliardi di debiti), potrebbe essere appropriato scoprire delle nuove zone fiscali. La risposta alla recessione non si trova solo nei tagli ai bilanci della scuola. Bisogna avere il coraggio di intraprendere nuovi sentieri. Non si tratta più di cultura hippy antiautoritaria anni ‘70. Si parla di manovre finanziarie pragmatiche, di lotta alla criminalità, di dinamismo sociale. Liberalizzare per progredire, è questa la formula.