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2. John Adams, il diplomatico

John Adams, federalista (presidente dal 1797 al 1801)

di Gianmarco Botti

Se la grande stagione del “Risorgimento americano” ha avuto in George Washington il suo Garibaldi, non poteva mancarle un Cavour di tutto rispetto. La libertà che il generale aveva conquistato con le armi sul campo di battaglia doveva essere consolidata nel consesso internazionale con l’arma più potente di tutte: la diplomazia. E nessuno poteva riuscire nell’obiettivo meglio di un esperto avvocato e brillante oratore come John Adams del Massachussets, che non aveva nulla da invidiare al nostro vecchio conte per capacità di mediazione e attitudine al dialogo. Non era tipo da azioni eclatanti, come quelle che resero famoso il cugino Samuel, capo di un coraggioso gruppo di volontari travestiti da pellirosse che il 16 dicembre 1773 andò all’arrembaggio delle navi inglesi ormeggiate nel porto di Boston gettandone in mare il carico di tè. Ma se il Boston Tea Party (ebbene sì, è da lì che prende nome il movimento ultraconservatore che imperversa nell’odierna vita politica americana!) rappresentò il punto di massima tensione fra le colonie e i dominatori inglesi, ancora molte tappe dovevano essere segnate nel difficile cammino verso l’indipendenza. E in tutte queste John Adams ebbe un ruolo di primo piano: dopo essere stato fra i redattori della Costituzione del Massachussets, fu chiamato a far parte del comitato che preparò la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America; ambasciatore della giovane repubblica in Francia, Olanda e Inghilterra, insieme a Benjamin Franklin negoziò il trattato di Parigi, che pose fine alla guerra con gli inglesi. In patria lo attendeva una meritata ricompensa: l’incarico di vice-presidente nel primo governo degli Stati Uniti, al fianco di Washington. A Washington sarebbe subentrato come presidente nel 1797 sostenuto dal partito federalista, in un momento in cui i timori del generale (condivisi dallo stesso Adams) circa il rischio di un eccessivo potere concentrato nelle mani dei partiti sembravano concretizzarsi. Non ebbe vita facile il governo Adams. Sul piano della politica estera i suoi anni furono caratterizzati dal pericolo costante di un conflitto con la Francia: dopo che gli ambasciatori americani furono ricevuti in malo modo a Parigi e fu chiesto loro addirittura di versare una tangente prima dell’avvio di ogni trattativa, la rabbia per l’umiliazione subita era sul punto di esplodere. Soltanto la strenua difesa della pace e il rifiuto di Adams di subordinare la sicurezza nazionale agli interessi di parte riuscirono ad evitare lo scontro e gli costarono l’inimicizia della fazione più guerrafondaia del suo partito. Ma la guerra che Adams non poté evitare e dalla quale uscì sconfitto ebbe luogo nel campo della politica interna e il casus belli fu l’approvazione di un pacchetto di leggi contro gli stranieri e i sediziosi (Alien and Sedition Acts). Esse prevedevano un giro di vite sugli immigrati, dando al presidente il potere di espellere qualsiasi straniero che ritenesse “pericoloso per la pace e la sicurezza degli Stati Uniti”, e sulla stampa antigovernativa alla quale era fatto assoluto divieto di screditare il governo, il congresso o il presidente. Anche se Adams non diede mai applicazione alla legge sugli stranieri, gli Acts furono fatti oggetto di una violenta campagna d’accusa dai repubblicani di Jefferson, che si preparavano a prendere il potere. Nessuna diplomazia poté ricomporre la frattura nel partito federalista né risolvere il conflitto con l’opposizione. Alle elezioni del 1801 Adams non fu rieletto, battuto per otto voti dal suo vice-presidente, Thomas Jefferson. Questo personaggio schivo e poco avvezzo ai giochi di potere tornò allora nell’ombra, inghiottito dall’oblio della storia che non premia chi arriva secondo. Ma il riscatto arriverà e il vecchio John vivrà abbastanza da vedere un altro John (Quincy) Adams alla Casa Bianca, il suo secondogenito ed erede politico, eletto presidente nel 1825, una circostanza che si ripeterà solo in tempi recenti con i due Bush. La sua lunga vita si conclude, per un caso singolare, il 4 luglio 1826, mentre la nazione da lui tanto amata festeggia il cinquantesimo anniversario di quella Dichiarazione di indipendenza a cui Adams aveva dato il suo fondamentale contributo.