di Enrico Massa
Credo che sicuramente ognuno di noi, chi più, chi meno, negli ultimi tempi, abbia sentito parlare della tragica morte di Sarah Scazzi, la ragazza di quindici anni brutalmente uccisa dallo zio e dalla cugina. Sì, ne abbiamo sentito parlare molto, anche troppo direi, e in effetti è proprio su questo che vorrei concentrare la mia riflessione: il continuo sfruttamento di una tragedia da parte dei mass media. Edizioni speciali, interviste, approfondimenti, perfino programmi appositamente montati intorno alla vicenda, sono le trovate dei nostri mass media per lucrare il più possibile sul caso. E così sono nati gruppi su facebook, associazioni per portare fiori al funerale, perfino comitati che chiedono la pena di morte per i colpevoli: squallidi “fan club” di un omicidio. I nostri mezzi di informazione hanno reso questa tragedia uno degli spettacoli più seguiti degli ultimi anni, senza alcun rispetto né riservatezza per una famiglia distrutta da un dramma di questa portata. E c’è pure chi va a seguire il “cast” da vicino: capannelli di insoliti “turisti” della morte, infatti, si sono riversati davanti alle case delle famiglie Scazzi e Misseri. Il tragico delitto è diventato un fenomeno di massa, come d’altronde succede con ogni tragedia che si consuma. Ormai, nel nostro Paese, dove notizie di questo tipo capitano di frequente, nessuno viene veramente toccato da questi tragici eventi: la maggioranza di noi, però, diventa a suo modo “tifoso” di queste tragedie, qualcuno chiedendo perfino la pena di morte per i colpevoli (sono numerosi i gruppi su Facebook che inneggiano alla morte di Michele Misseri con la più assoluta nonchalance).
Fra qualche mese solo in pochi si ricorderanno della triste storia di Sarah, e tutta questa messinscena servirà solo a ricordarci di quanto siamo, in realtà, diventati ipocriti.