di Ilaria Giugni
SCAMPIA (NAPOLI) – Ieri pomeriggio, piazza Giovanni Paolo II, a pochi passi dalla fermata della metropolitana di Piscinola, è stata il teatro di “OccupyScampia”, mobilitazione cominciata sul web da un tweet di Pina Picierno, giovane casertana deputata del Pd, che qualche giorno fa scriveva: “Via la camorra, il territorio è nostro!”. Il messaggio e la manifestazione dovevano essere una rivolta contro un presunto “coprifuoco”, rivelato da un articolo del Mattino, in vigore nel quartiere nord di Napoli perchè imposto dai clan in guerra. Dopodichè sono montate le polemiche circa la legittimità di “OccupyScampia”, i suoi intenti e le sue motivazioni.
E così, ieri, sono state le telecamere ad accogliere il gruppo sparuto di intervenuti. Ma il quartiere lo respinge. Nessuna adesione di chi nella zona ci vive.
Per chi non c’è mai stato a Scampia, il confronto con la realtà è duro. D’altronde le Vele le hai viste solo nei film e lì parate a un palmo dal tuo naso hanno tutto un altro impatto.
Le vie un po’ buie e vuote che le costeggiano t’intimidiscono e ti chiedi se forse non era meglio prendere l’autobus perché “non si sa mai”. Non si sa mai chi incontri, non si sa mai dove vai a finire, non si sa mai in che situazioni puoi incappare.
E allora puoi credere che è Scampia che ti sta respingendo e invece sei tu che non vuoi vedere appena al di là dell’apparenza: con l’ossessione dei titoli dei giornali e dell’opinione comune, respingi il pensiero che proprio a due passi dalle Vele possa trovarsi qualcosa di sorprendente.
“Ben venga OccupyScampia!”, puoi pensare allora frettolosamente.
Ai margini, chi vive a Scampia respinge l’uso del proprio quartiere come occasione per un ritorno d’immagine, per fare del facile buonismo e per dare saggi consigli non richiesti.
Altro che coprifuoco (inesistente). Queste persone sono stanche dei politici perché sanno quanto sono effimere le loro promesse e come il loro sbandierato impegno si trasforma in diserzione appena cala il sipario sul quartiere.
Eppoi non ci stanno perché è da tempo che lavorano sul proprio territorio e che raccolgono frutti, anche se non sembra importare a nessuno.
Coloro che da anni stanno costruendo un futuro per Scampia sono rintanati nel “Centro territoriale Mammut”, il centro territoriale attivo dal 2007. A pochi passi dal trambusto, varcando la soglia della sede, ti rendi conto di quanto Scampia ti accolga, del calore che sa riservarti se solo lasci a casa i tuoi pregiudizi, se non chiedi credendo di avere già la risposta alle tue domande, se non mostri l’arrogante pretesa di voler salvare qualcuno.
Non c’è solo una tazza di tè gentilmente offerta a scaldarti, ma la premura di Alessandra, Giaccio, Maurizio e di tutti gli altri che presidiano il quartiere ogni giorno, accompagnando nella loro vita quotidiana i migranti e gli abitanti della zona. Ci sono i ragazzi dell’Arci Centro Sportivo (in piedi dal 1986), che giocano a pallone e si allenano quotidianamente nel campo del quartiere. E ci sono i giovani attori del progetto teatrale “Punta Corsara”, che giovedì saranno in scena al Teatro Nuovo di Napoli con lo spettacolo “Il convegno”.
Percepisci la loro tenacia disarmante e ti chiedi come mai hai ignorato fino ad allora il lavoro di queste persone, come mai sembra che vi sia un disinteresse generale nei confronti di chi semplicemente non ricerca i riflettori.
Nessuna risposta, nessun alibi regge, se pensi a quello che ha costruito, per esempio, il centro territoriale Mammut in questi anni: ci sono disegni colorati alle pareti, librerie da far invidia, postazioni computer e laboratori di molte attività diverse.
A fine giornata, quello che ti rimane dentro non sono i flash e le dichiarazioni ai microfoni, ma le parole dette occhi negli occhi. E la voglia di occuparti di Scampia, con loro.