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Un poliedro di nome Marta

di Roberto P. Russo

I Marta sui Tubi, siciliani di nascita, hanno portato introspezione e spensieratezza sulla scena italiana al ritmo di folk, e con tre album all’attivo si presentano come una delle grandi rivelazioni degli ultimi anni.
Nell’ autunno del 2002 Giovanni Gulino e Carmelo Pipitone, conosciutisi a Marsala l’estate prima, iniziano il progetto dei “Marta sui Tubi” in quel di Bologna, creando un repertorio che spazia tra cover, da Jeff Buckley a Bugo, a cui si aggiungono pian piano una trentina di canzoni inedite che li rendono uno dei gruppi di punta della scena underground bolognese.
Nel 2003 l’etichetta Eclectic Circus produce il primo album del duo marsalese, “Muscoli e Dei”, da cui viene estratto il singolo “Vecchi Difetti”, che inizia a rendere noti, in tutta Italia, i testi spigolosi e introspettivi che caratterizzano le canzoni suonate da un eclettico Carmelo Pipitone.
La band si allarga nel 2004 con l’ingresso del batterista Ivan Paolini, a cui seguono il tastierista Paolo Pischedda e Mattia Boschi al violoncello. Con questa nuova formazione la band ritorna in studio per incidere “C’è gente che deve dormire”, uscito nel 2005. Gli anni successivi sono in totale ascesa per la band, che aggiunge al suo repertorio un sound con influenze ska e punk, che trova la sua migliore espressione nel terzo album della band “Sushi & Coca” uscito nel 2008 sotto l’etichetta “Tamburi Usati”, fondata dalla band stessa.
La prima cosa che colpisce dei Marta sui Tubi è indubbiamente la voce calda di Giovanni Gulino che, lungi da me sminuirla, vorrei per il momento mettere in secondo piano per dare uno sguardo più approfondito alla base musicale.
La prima nota interessante viene dalla chitarra (perdonate il gioco di parole da quattro soldi, non era mia intenzione) infatti, Carmelo, non usa quasi mai l’accordatura standard, preferendo mix di tonalità particolari che offrono un senso di “nonhomaisentitonientedelgenere” alle canzoni del gruppo.
Prendiamo per esempio la canzone “Perché non pesi niente” (primo singolo estratto da “C’è gente che deve dormire”). L’accordatura utilizzata è un alternarsi di fa e do, invece del classico mi-la-re-sol-si-mi, da cui, anche non essendo degli esperti di musica, possiamo capire che qualcosa di diverso c’è.
Alla batteria c’è un fuoriclasse, forse uno dei migliori batteristi sulla scena italiana: preciso, fantasioso e soprattutto lontano da quegli assoli che puzzano tanto di libri e teoria con cui (purtroppo) ultimamente si entra spesso a contatto.
Devo ammettere di provare un immenso piacere nel pubblicizzare una band che sta ottenendo un meritato successo e che ha tutte le carte in regola per fare il salto di qualità e andarsi a sedere con Subsonica, MCR, Marlene Kuntz, Afterhours e Verdena al tavolo delle band italiane per le quali, farsi qualche ora di treno per assistere a un loro concerto, vale eccome la pena.

La playlist della settimana:

1 Sick Sad Little World – Incubus

2 Tamacun – Rodrigo y Gabriela

3 Amore di Plastica – Carmen Consoli

4 Nella Mia Ora di Libertà – Fabrizio de Andrè

5 Man Research – Gorillaz

6 L’Odore – Subsonica

7 Tell Me You Love Me – Elio e le Storie Tese

8 Sing Sing Sing – Benny Goodman

9 Balaclava – Arctic Monkeys

10 Cinestetica – Marta Sui Tubi