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Le domande senza risposta di un popolo

di Roberto P. Ormanni

Ieri sera, alle ore 19 circa, l’AGI scriveva: “Tanti giornalisti, diversi esponenti politici anche di livello nazionale, poca gente del posto. Si presenta così piazza Giovanni Paolo II, dove è in corso ‘OccupyScampia’ ”. E a volte il comunicato di un’agenzia stampa disegna una situazione meglio di cento articoli di riflessione messi insieme.
“OccupyScampia” non è stato un fiasco, ma un abbaglio senza pudore. Perché la mobilitazione è partita volendo incarnare l’indignazione provata leggendo una notizia falsa: cinque giorni fa, infatti, Il Mattino pubblicava un articolo titolato “Scampia, il clan impone il coprifuoco”. Eppure, a Scampia non esiste nessun coprifuoco comandato dai clan e l’idea stessa che i cartelli criminali possano vietare ai propri dirimpettai di uscire da casa è totalmente farneticante. Semplicemente perché i clan se vogliono uccidere, uccidono e basta, senza troppi convenevoli. Inoltre, “OccupyScampia” è stata una topica in quanto iniziativa avviata in proprio da Pina Picierno, deputata Pd originaria di Santa Maria Capua Vetere, che di Scampia pare conoscere poco, o almeno sembra far finta di conoscere solo una faccia del quartiere – la faccia senza speranza da compatire, sempre e comunque. “OccupyScampia” è stata un’iniziativa avulsa dalla realtà non perché nata nello spazio virtuale dei social network, ma perché caratterizzata dalla presunzione di non considerare (e di non contattare) chi Scampia la occupa ogni giorno con l’onestà civile e l’azione sociale.
E’ facile sbarcare nel territorio nord di Napoli proclamandosi “buono” e dichiarando di voler cacciar via i “cattivi”. Eppure, nella vita vera, le dicotomie definite non esistono: esiste solo il popolo. Ed esistono delle scelte. Tutto sta nel saper dare delle alternative. E a Scampia gli abitanti ci provano da soli a creare queste alternative, da trent’anni a questa parte, da quando negli anni Settanta si iniziarono a tirare su le Vele. Perché Scampia, anche se i giornalisti arrivisti di passaggio non lo raccontano, è un vero nido di attività sociali territoriali: il centro Mammut, l’associazione Gridas, l’Arci Centro Sportivo, l’associazione (R)esistenza, le iniziative della Banda Baleno, il collettivo Mala Via, i progetti artistici di Punta Corsara e di Arrevuoto, sono solo alcune delle realtà operanti che offrono, soprattutto ai più giovani, spazi di equilibrio.
La gente è amareggiata per le tante promesse incompiute. Nella piazza Giovanni Paolo II, mentre l’occupazione viene assolta dai politici in sfilata che portano presunte risposte ai massimi sistemi, gli abitanti di Scampia conservano tra i denti le domande irrisolte: perché non viene completato l’abbattimento delle Vele promesso da anni? perché non viene effettuata la delocalizzazione a Scampia della Facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli ipotizzata nel 1998? perché le strutture del posto non vengono aiutate dalle istituzioni? Perché, perché, perché. E’ un rimugino costante, che non trova ascolto. Eppure, basterebbe poco a mettere in luce quella bellezza nascosta oltre la Scampia-mostro sbattuta in prima pagina.