di Giacomo Palombino
Riprendendo un argomento già affrontato in passato in questa rubrica, argomento complesso che non può essere trattato in poche righe, voglio tornare sul concetto della musica intesa come prodotto, termine utilizzato da me nell’articolo “Dall’arte al consumo”.
Ciò che mi spinge a riflettere nuovamente su questo tema è la considerevole condivisione di link musicali su Facebook, dovuta al tormentone denominato “Trenta giorni di musica”; riflessione questa che non coinvolge solo l’arte, ma in generale tutto il mondo del consumo.
Partiamo un po’ da lontano, e cominciamo a capire, per sommi capi, quale funzione svolge Facebook nella società contemporanea. Il social network più comune e utilizzato al mondo oggi può essere paragonato, a mio parere, ad una sorta di centrale nucleare: l’energia che produce questa, infatti, è utile per produrre corrente elettrica o riscaldare le nostre case, ma è utile anche per distruggere queste ultime, dando vita ad una bomba. Così il web negli ultimi anni propone esattamente questa alternativa: può essere utilizzato in maniera utile e costruttiva (basti pensare al servizio di informazione) o ci permette di comunicare, tramite Facebook appunto, in tempo reale con persone che non abbiamo modo di vedere, ma reca anche dei danni, comporta anche dei rischi. Era vera la profezia di George Orwell quando parlava dell’occhio del Grande Fratello; il web, e nello specifico il social network a cui faccio riferimento, ci controlla, ci spia, ci studia, e questa di sicuro non è una componente positiva. È, in qualche modo, il prezzo da pagare: così come una centrale nucleare produce scorie, internet ci incatena in una dimensione di cui neanche abbiamo conoscenza. Quella, invisibile e furba, del business.
Dipende da noi scegliere il modo, ossessivo o distaccato, di utilizzare questi strumenti, perché mettere “mi piace” ad un link non significa solo gratificare l’amico che l’ha condiviso; significa indicare una preferenza, accompagnare coloro che producono verso le strade giuste da seguire per vendere di più. Uno stilista, che deve scegliere l’impronta da dare alla sua collezione o il colore da portare alla ribalta, non effettua casualmente le sue scelte, ma segue le mode del momento, soddisfa i desideri di chi compra. Lo stesso ragionamento lo fa il musicista; quanti di voi oggi investirebbero sulla musica classica? Pochi: se si vuole vendere bisogna seguire la tendenza, bisogna dare sfogo alle mode e Facebook è lo strumento ideale per conoscere queste preferenze.
Non voglio trasmettere una visione apocalittica del web o un’immagine pericolosa dei vari social network che vengono utilizzati, ma state attenti: dire che una canzone resterà sempre nei vostri cuori o ammettere che un determinato pezzo vi fa ballare non significa solo passare il tempo, ma trasmettere utili informazioni. È tutto questo negativo? Lascio ad ognuno le sue conclusioni.