di Ilaria Giugni
TITOLO: IL CIELO SOPRA IBRAIMA
AUTORI: PENDA THIAM E GIUSEPPE CECCONI
EDITORE: GIOVANE AFRICA EDIZIONI-LA GRAFICA PISANA EDITRICE
“Gli italiani hanno sovente opinioni differenti, contraddittorie, perfino opposte, sugli stranieri che emigrando da lontani paesi, sbarcano sulla penisola.
Invece gli immigrati, all’unisono, la pensano nel medesimo identico modo sui costumi, le abitudini, i modi di fare degli italiani. (…)
Tutto questo sapere è riassunto in una parola sola: tubab”.
Penda Thiam, autrice senegalese, prova a spiegarci il significato di questa parola ne “Il cielo sopra Ibraima” (Giovane Africa Edizioni- La Grafica Pisana Editrice, euro 8).
Ad accompagnarla nel confronto di due culture, quella italiana e quella senegalese, completamente diverse, è Giuseppe Cecconi.
“Tubab” è l’uomo bianco, con il suo ostentato senso di superiorità e il suo smodato attaccamento alle cose materiali.
Il nostro comportamento agli occhi di Penda Thiam, forse più svegli ed aperti dei nostri, è una continua dimostrazione della tracotanza che ci distingue: spesso poco ospitali, spesso poco gentili e cordiali, siamo così assorbiti dalle nostre preoccupazioni che il nostro ego arriva a fagocitare ogni cosa.
Che qualcuno ci chieda l’elemosina, che qualcuno sia in evidente difficoltà davanti ai nostri occhi poco importa, abbiamo già pronti alibi e scuse, riusciremo indenni ad abbassare lo sguardo per evitare quello d’aiuto di chi ci è di fronte.
Eppure “Il cielo sopra Ibraima” vuole essere innanzitutto una testimonianza di convivenza fra immigrati e tubab e dell’arricchimento reciproco che essa comporta.
D’altronde, la stesura a quattro mani di questo libro lo testimonia: incontrarsi, così diversi per colore della pelle, tradizioni, religioni e modo di essere, dà luogo ad una scintilla: può addirittura verificarsi il miracolo che i pensieri dell’uno trovino espressione nelle parole dell’altro.
“Il cielo sopra Ibraima” è, infatti, un continuo rincorrersi di citazioni di Pierpaolo Pasolini e Simone Weil: i pensieri dei senegalesi, la cui patria è così distante e diversa dall’Italia e dall’Europa, trovano ristoro nei versi dello scrittore e regista italiano e nelle opere della filosofa ebrea.
Tre sono le parole d’ordine che Penda Thiam e Giuseppe Cecconi sembrano sussurrarci fra le pagine de “Il cielo sopra Ibraima”: ‘teranga’, ‘kereze’, ‘jom’ corrispondono a tre principi fondamentali della cultura senegalese.
‘Teranga’ è l’ospitalità, la tendenza naturale a prestare ascolto all’altro, ‘kereze’ è la riservatezza, il senso del pudore, il rispetto per chi ti sta vicino e ‘jom’ è il coraggio, l’audacia nell’affrontare la vita per raggiungere la felicità.
Ciascuno di questi insegnamenti è prezioso, ma quello che di più prezioso lascia “Il cielo sopra Ibraima” è la convinzione che sarebbe meraviglioso apprendere non dalle pagine di un libro, ma dal confronto quotidiano con l’altro.
L’altro che è saggezza, che è ricchezza, che è un valore da salvaguardare.