di Gianmarco Botti
“Posteri, non saprete mai
quanto è costato alla mia generazione preservare la vostra libertà.
Spero che ne farete buon uso”
Le elezioni del 1824 furono lo specchio di un Paese in crisi economica e identitaria, che aveva esaurito la spinta propulsiva dei primi anni dopo l’Indipendenza e viveva una fase di stagnazione. Il Partito Democratico-Repubblicano, giunto ormai alla dissoluzione, presentò quattro candidati, nessuno dei quali riuscì ad ottenere la maggioranza. Nonostante il risultato del voto popolare, che vide Andrew Jackson del Tennessee in prima posizione, un accordo interno alla Camera dei Rappresentanti consegnò la presidenza a John Quincy Adams. La scelta di quest’uomo del Massachussets, che come tutti i suoi predecessori apparteneva all’élite della costa orientale e che portava addirittura il nome di un ex presidente (era il figlio di John Adams, il secondo presidente), rappresentò una chiara opzione a favore del passato e lasciò inascoltato l’appello al rinnovamento proveniente dai nuovi territori di recente entrati a far parte dell’Unione, soprattutto gli stati del Sud e dell’Ovest. Sferzanti polemiche, portate avanti dai sostenitori di Jackson, accompagnarono l’insediamento della nuova amministrazione. In particolare, Adams, che aveva servito per molti anni come rappresentante degli Stati Uniti nei Paesi Bassi, in Russia e Gran Bretagna, veniva accusato di aver perso il contatto con la madrepatria e quindi di non essere in grado di assumerne il governo. Tuttavia, proprio in virtù dei suoi stretti rapporti con le precedenti amministrazioni, egli aveva dalla sua una notevole esperienza politica: segretario del padre durante le trattative di pace in Europa, dal vecchio John Adams aveva ereditato doti di abile diplomatico; come Ministro degli Esteri di Monroe, era stato il principale ideatore della celebre “Dottrina” che, da buon nazionalista, difese e applicò anche nel suo quadriennio di presidenza. Adams fu uno dei primi sostenitori della teoria, ancor oggi in gran voga nel mondo teocon e cristiano-fondamentalista, per cui gli Stati Uniti erano destinati, per un imperscrutabile editto provvidenziale, a dominare su tutto il Nord America. Alla Provvidenza egli cercò di dare una mano perseguendo nel corso di tutto il suo mandato una politica estera fortemente espansionistica. Ma, a fronte di una linea decisamente “di destra” sul versante degli esteri, Adams, fin dal momento dell’insediamento, aveva in mente un piano sorprendentemente “di sinistra” per gestire gli affari interni: il suo progetto di migliorie nazionali prevedeva una rete statale di strade e canali, finanziamento federale dell’agricoltura e dell’industria, sostegno alle scienze e alle arti e la fondazione di un’università nazionale. Un simile programma, basato su un massiccio intervento del governo e su un sistema fortemente centralizzato, non poteva non scontrarsi con il sempre vivo orgoglio autonomista dei singoli stati che rivendicavano maggiori diritti e libertà. Insensibile a queste richieste e convinto della bontà del suo piano, Adams arrivò addirittura a chiedere al Congresso di non lasciarsi “paralizzare dalla volontà dei nostri elettori”, tradendo l’inclinazione fondamentalmente aristocratica della propria linea politica. Alla fine ben poche delle proposte del presidente riuscirono a vedere la luce e il suo governo fu fatto nuovamente oggetto di scherno e pesanti attacchi. Alle elezioni del 1828 Adams non fu rieletto e il tenace Jackson, sostenuto da un ampio consenso popolare, riuscì finalmente a spuntarla. Con l’insediamento di Jackson, a Washington fece per la prima volta il suo ingresso un’altra America, fatta di lavoratori, gente delle campagne, difensori dei diritti degli stati del Sud. Il vecchio presidente e il partito democratico-repubblicano si avviarono invece a scomparire nell’ombra. La parabola politica di John Quincy Adams rappresenta il prosieguo ideale di quella del padre, anche lui poco amato per le sue tendenze aristocratiche e non rieletto per un secondo mandato. Ma i tempi erano cambiati e forse alla Casa Bianca non c’era davvero più spazio per uomini all’antica come gli Adams.