di Ilaria Giugni
A tre settimane dalla prima puntata, sembra in pericolo la messa in onda di “Vieni via con me”, programma interamente ideato da Fabio Fazio e Roberto Saviano, il cui debutto è fissato per l’8 novembre. Si era diffusa ieri la notizia della mancata approvazione da parte della direzione generale della Rai dei contratti per gli ospiti in studio. “Costano troppo”, recitava la versione ufficiale. Eppure, artisti del calibro di Roberto Benigni e Bono Vox avevano accettato di partecipare alla trasmissione, pattuendo un compenso tanto esiguo da poter essere considerato simbolico.
Potrebbero essere, quindi, le tematiche scelte dagli autori a spaventare la direzione della Rai. La scaletta delle prime puntante prevedeva, infatti, la trattazione di argomenti quali le proprietà di Berlusconi, le attività di dossier aggio, i rapporti fra mafia e potere, il ritorno dell’emergenza rifiuti in Campania.
Dal canto suo, Roberto Saviano aveva dichiarato in un’intervista rilasciata a la Repubblica “Senza gli ospiti non vado in onda”.
Subito, gran parte degli invitati, primo fra tutti Roberto Benigni, aveva pubblicamente rinunciato a ricevere qualsiasi forma di compenso. Per questo, in serata, Mauro Masi, direttore generale della Rai, si è trovato costretto a smentire i problemi annunciati riguardo la trattativa relativa agli ospiti previsti a “Vieni via con me”.
Dura la replica di Saviano. Lo scrittore, in serata al TgLa7, spiega come ha visto decostruire lentamente il suo programma nel tentativo di snaturarlo. Si dice incredulo per la campagna, portata avanti dalla direzione generale della Rai, volta a minare la trasmissione che, afferma risentito, gli era stata proposta dalla stessa direzione, in seguito all’altissimo share registrato dagli speciali “Che tempo che fa” cui aveva partecipato.
Non si fatica a mettersi nei panni dello scrittore e non si riesce a comprendere quale logica porti la direzione generale di un’azienda a farsi uno smacco da sola: la partecipazione di Benigni e Bono avrebbe sicuramente fatto impennare l’auditel, senza contare che gli spazi pubblicitari erano già andati a ruba.
E’ chiaro che non si può parlare né di poca qualità, né di vendibilità del prodotto, visto che così come lo si era pensato, “Vieni via con me”, si prefigurava già come un grande successo in entrambi i sensi.
La Rai sembra aver tentato in ogni modo di ostacolare la riuscita della trasmissione, stabilendo di contrapporlo prima alle partite di coppa, poi al Grande Fratello. Un’azione suicida, chiaramente pensata per far sì che il programma di Fazio e Saviano si rivolgesse a una nicchia, senza provare a smuovere le coscienze del grande pubblico, meno avvezze al ragionamento critico.
Per questo vale forse la pena di cominciare a porsi qualche domanda, le stesse con cui si è dovuto confrontare lo scrittore sotto scorta. Per esempio, perché la Rai, una settimana fa, decretava la cancellazione di ben due puntate di Annozero, programma di punta della seconda rete, per motivi non eccessivamente gravi? Perché Travaglio e Vauro, protagonisti ogni giovedì della stessa trasmissione di successo, sono da due anni senza contratto?
E, scavando in un passato ancora più lontano: perché uomini amati dal pubblico, come Biagi, Santoro e Luttazzi furono allontanati dal palinsesto nel 2002? “Fanno un uso criminoso della televisione, sono faziosi”, fu la scusa addotta. Ma, anche ragionando con le loro logiche, c’è da chiedersi: se la nostra è oramai una videocrazia, se, come rivendicano presentatori di programmi spazzatura, il pubblico è l’unico sovrano, se la qualità si misura con i dati auditel, c’è una ragione plausibile perché il programma di Fazio e Saviano sia bloccato preventivamente? Sembra proprio di no, a rigor di logica. Peccato che, nel nostro Paese, non si possa più fare affidamento neanche su quella.