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“Wrecking Ball”: Springsteen torna per raccontare il sogno americano distrutto dalla crisi

di Andrea Manzillo

Finisce l’attesa che ha preceduto l’album “Wrecking Ball”, l’ultima invenzione di Bruce Springsteen.
Un’attesa curiosa e preoccupata dovuta a un’assenza importante per la band che accompagna il cantautore statunitense, l’E Street: Clarence Clemons, Big Man. La scomparsa del sassofonista avvenuta il giugno scorso, infatti, ha fatto pensare a un possibile addio alla scena: difficile immaginare Scooter senza un Big Man al suo fianco. Ma non è stato così. Springsteen non abbandona la sua strada, e proprio lui che ha saputo raccontare i sogni e le emozioni della ‘working class hero’ meglio di chiunque altro, esplode di rabbia in “Wrecking Ball”, opera che racchiude l’urlo: “Dov’è finito il sogno americano?”
L’album è una risposta alla realtà contemporanea, malata e sempre più estranea ai valori: l’etica e la morale sono solo parole inconsistenti, si vive per il denaro. Questo lavoro nasce dalla crisi economica del 2008 che ha portato le famiglie alla perdita della propria casa, del proprio lavoro, delle proprie certezze. E le vittime non avevano voce prima di Occupy Wall Street, la manifestazione contro il capitalismo finanziario. E’ l’anno delle elezioni, e repubblicani o democratici non fanno differenza, il desiderio rimane sempre quello di un mondo fatto di giustizia e uguaglianza. L’America non è quella che vuole il Boss, “Wrecking Ball” è la soluzione: distruggere tutto per ripartire.
“We take care of our own” fa da apertura, il grido deluso che invita a tornare su quella strada che porta a una Terra Promessa, “wherever this flag’s flown” ci dev’essere una terra fatta di sogni e di speranza. Non manca la presentazione di personaggi springsteeniani, che stavolta non sono gli eroi del quotidiano, ma sono i protagonisti della vita immorale che insieme alla perdita dei sogni sono i colpevoli di “Death to My Hometown” e di “This Depression”: non era mai successo prima d’ora di sentirsi così persi. Se “Easy Money” ha quel carattere country tipico della Seeger Sessions vuol dire che poca è la differenza fra un bandito del lontano west e l’odierno rapinatore, vestito elegante e pronto ad andare in città a fare soldi facili: un banchiere. Come sono banchieri quelli che aumentano il loro potere mentre sono tutti “Schakled and Drawn”, ammanettati e tesi, senza libertà, in un mondo in rovina.
Ma parallelamente al rapinatore in giacca e cravatta, interviene “Jack of All Trades”, che tradotto significa “uomo tuttofare”, colui che farebbe di tutto per riavere ciò che è suo, ma che se avesse una pistola andrebbe a “sparare quei bastardi” che lo allontanano dalla sua strada, e tutto finalmente andrebbe bene.
“You’ve got it” è la canzone d’amore dell’album: Bruce ricorda a tutti che in ognuno è presente la forza dell’amore utile a cambiare le cose. Quell’amore che ci permette di spostarci da una “Rocky Ground” dove non cresce nulla e salire sul treno per una “Land of Hope and Dreams”, per riempirci gli occhi solo di nuovi orizzonti, e intraprendere il viaggio dove ad accompagnarci c’è ancora il suono del sassofono di Big Man. Perché Big Man non se n’è andato: morirà quando morirà l’E Street, e ora lo possiamo sentire suonare.
La speranza non è morta, il disco si chiude con “We Are Alive”. L’invito a restare vivi. E a prepararsi, perchè il 18 marzo Springsteen aprirà un nuovo tour mondiale.

“We Take Care of Our Own”, primo singolo dell’album.