di Giacomo Palombino
È triste la circostanza che mi spinge oggi a scrivere questo articolo. Già, una circostanza, perché quasi sempre ci ricordiamo di aver avuto qualcosa di stupendo solo dopo averlo perso, come un bambino che piange per un gioco che fino a pochi secondi prima non aveva degnato neanche di uno sguardo.
Ed ecco che il popolo della rete si commuove, si rattrista, si esprime sulla morte di un grande artista italiano, non sempre e non da tutti compreso, ma che in realtà ha dato tanto alla musica del nostro paese. “Addio, Lucio”, questa una delle frasi più comuni degli ultimi giorni sul web. C’è chi critica tale atteggiamento perché lo considera palesemente ipocrita, chi lo fomenta perché lo interpreta come un omaggio dovuto; ma in realtà, non bisogna sbilanciarsi in nessuno dei due sensi. È giusto ricordare questo grande nome purché si vada alla ricerca del motivo che ci spinge a farlo.
Il primo Marzo verrà così segnato nei calendari degli appassionati di musica come “un giorno tristissimo” (riprendendo le parole di Francesco De Gregori), il giorno in cui Lucio Dalla è venuto a mancare, colpito improvvisamente da un infarto mentre si trovava in Svizzera.
Il cantautore bolognese è uno dei pochissimi che è riuscito a percorrere durante la sua vita tutte quelle “vie parallele dell’arte”, di cui vi ho parlato nello scorso articolo. Musicista, cantautore, attore, poeta, Dalla è stato un vero artista. Mai scontato, mai banale, sempre molto attento a dosare nei suoi brani musica e parole, capace di fondere le due cose in una perfetta e originale armonia, tanto da far diventare la sua stessa voce uno strumento musicale al pari degli altri.
La sua formazione musicale è di stampo Jazz, formazione continua e ininterrotta per circa cinquant’anni, durante i quali si afferma come polistrumentista e si avvicina a più generi musicali, dal pop fino alla musica lirica (negli anni 2000 scrisse un’opera moderna ispirata a Puccini, “Tosca – Amore Disperato”). La fase di scrittura dei testi che lo hanno reso celebre inizia relativamente tardi: dopo i primi tre album con testi firmati da Gianfranco Baldazzi e Sergio Bardotti e dopo la collaborazione con il poeta bolognese Roberto Roversi (autori di brani come “Nuvolari” o “Anidride solforosa”), Dalla si riscoprì autore talentuoso in età già matura ma divenendo subito uno dei cantautori italiani più celebri, al pari di Guccini o De Gregori. Proprio con quest’ultimo negli ultimi anni si era esibito più volte in un tour che lo ha portato su e giù per l’Italia; ma questa costituisce solo una delle tante collaborazioni che lo ha visto protagonista, per ultima quella con Pierdavide Carone.
Sono tanti i motivi per i quali Dalla di diritto acquista cittadinanza in questo spazio dedicato alla riflessione musicale, ma io ne ricordo uno in particolare. In un periodo durante il quale sempre più forte è l’affermarsi della musica straniera su quella nostrana, ricordiamo che sono diversi i brani del cantante bolognese conosciuti e apprezzati fuori dall’Italia, brani reinterpretati e tradotti da artisti di fama internazionale. “Tutta la vita”, “Canzone”, o “Caruso” (incisa fra gli altri anche da Luciano Pavarotti), sono solo alcuni dei titoli che hanno viaggiato per l’Europa e non solo, canzoni tradotte in inglese, spagnolo, portoghese, francese. È importante ricordare tutto questo, e non è troppo tardi per scoprirlo. D’altra parte la vita degli artisti è inesorabilmente segnata da una sorte comune: è la morte a renderli ancora più celebri, perché è quello il momento che li rende indimenticabili.
La cosa straordinaria di Dalla, e può confermarlo chiunque abbia avuto la fortuna di incrociarlo almeno una volta per strada, è quella di non essere mai stato una celebrità distante, ma di essersi sempre immerso nelle folle di persone che lo circondavano con semplicità, pur sapendo come catturare l’attenzione. Per questo motivo Lucio non diventerà una leggenda, un idolo, un “mostro sacro” al pari di altri, non perché privo di talento, ma parchè dotato a tal punto da non aver bisogno di nascondersi dietro maschere appariscenti per dimostrarlo.
L’Italia tutta rivolge ora il suo saluto ad un’artista straordinario, quello stesso artista di cui pochissimi giorni fa commentavamo l’esibizione a Sanremo; ma la vita purtroppo è così, c’è sempre un lupo in agguato, e stare attenti talvolta non è sufficiente.
Caro Lucio, ti scrivo e ti dico ciao.