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La ricerca di una vita migliore persa nel Mediterraneo: “Mare Nero”, un romanzo di immigrazione

di Stefano Santos

TITOLO: MARE NERO. UN ROMANZO DI IMMIGRAZIONE
AUTORE: GIANNI PARIS
EDIZIONE: EDIZIONI DELL’ARCO

Uno dei maggiori motivi che contribuiscono a far nascere un qualsiasi sentimento di rifiuto, di diffidenza, di opposizione –non necessariamente per motivi etnici – è il non sapere. O l’ignoranza, per spiegare meglio il concetto. Si ha timore, si diffida del diverso “perché non si sa”. Cosa non si sa? Di certo, non l’intera Divina Commedia a memoria, o la Costituzione repubblicana. L’ignoranza di cui si sta parlando, infatti, non riguarda un qualche campo dello scibile umano, non ha a che fare con la cultura; anche un professore emerito dell’Università può essere ignorante. Quale concetto di ignoranza si vuole presentare? Quello che emerge analizzando il termine letteralmente: ignorante è colui che ignora.
Gran parte dei conflitti nascono quindi perché si ignora il contesto generale e si tende a analizzare tutto dal proprio punto di vista, secondo il proprio interesse particolare, senza così riuscire ad allargare l’angolo di visuale del mondo. Ma, prendendo spunto dal pensiero marxiano, la storia è il risultato dell’azione delle condizioni sociali sull’uomo e dell’azione dell’uomo sulle condizioni sociali. Sono quindi le condizioni socio-economiche degli individui a generare un determinato contesto storico.
Allora, perché l’”extracomunitario” emigra? Per caso per rubare il lavoro all’italiano e comandare in casa d’altri? Niente di tutto questo, ma per garantire ai propri figli e genitori una vita più dignitosa.
E, nel caso di Nacer, protagonista di “Mare Nero”, il libro oggetto di questa recensione, per avere una speranza di spedire soldi dalla “terra promessa” in modo da mantenere la sorella Aicha, confinata nel letto a causa di una grave malattia. Speranza che l’ha spinto a affidarsi nelle mani di delinquenti che lo mandano allo sbaraglio, approssimativamente diretto verso l’Italia a bordo di una “carretta del mare”. Ma non è solo. Insieme a lui ci sono altri disperati, uomini, donne e bambini che hanno scelto di compiere questa “Viaggio della Speranza”. Una storia personale che viene così a moltiplicarsi in altre centinaia, migliaia, milioni di esperienze.
Alcuni si stabiliranno in Italia; altri vi faranno tappa, per arrivare in altri nazioni; altri andranno a vivere da parenti; altri, padri di famiglia, cercheranno di mettere radici in modo che la famiglia possa raggiungerlo più tardi; molti hanno timore del razzismo che troveranno, dell’equazione invariabile islamico=terrorista; pochi audaci tenteranno la fortuna e chiederanno asilo politico. Tutti vorranno una vita più dignitosa per sé e i loro cari.
Si può dire allora che “Mare Nero” non abbia come unico protagonista Nacer, bensì quei milioni di africani, delle più varie etnie –maghrebini, nordafricani, nigeriani, somali, eritrei, etiopi, sudanesi – ma tutti aventi radici culturali comuni, l’arabo e la religione musulmana (o cristianesimo, per alcuni), adesso non più simbolo di estremismo, piuttosto come “porto comune” dal quale sentirsi più rassicurati, sentirsi parte di una comunità. Comunità che è simbolo di humanitas, che mitiga quella deriva verso la bestialità particolare (che ha paralleli in “Se questo è un uomo” di Primo Levi) che suscitano la fame e gli stenti. Poiché questo viaggio della Speranza non è una scampagnata nei boschi, è una scommessa mortale, una roulette russa di cui tutti sono consapevoli.
La prosa di Gianni Paris è chiara e scorrevole, tentando alla fine un’efficace deriva poetica, e riesce a offire un quadro vivido, senza che si scada nel pietismo e nel melenso sentimentalismo, di quei moventi, di quelle ambizioni e di quelle difficoltà che i migranti incontrano in cerca di una vita migliore.