di Ilaria Giugni
Dal 13 aprile è nelle sale “Diaz-don’t clean up this blood”, film con il quale Daniele Vicari denuncia la vergogna dell’irruzione alla scuola Diaz e della detenzione dei manifestanti presso la caserma di Bolzaneto.
Il regista costruisce un film corale, in cui la bravura di moltissimi attori italiani (Claudio Santamaria, Elio Germano, Davide Iacopini, Fabrizio Rongione) e stranieri (Jennifer Ulrich, Ralph Amoussou, Emilie De Preissac, Aylin Prandi) si presta ad una rappresentazione fedele di quanto realmente accaduto durante il G8 del 2001, tanto che all’interno delle scene girate in studio sono inserite varie immagini tratte da video amatoriali raccolti durante le manifestazioni.
A quasi undici anni dai tragici fatti di Genova, “Diaz-don’t clean up this blood” ci riporta alla mente il clima di quei giorni, la falsificazione e le violenze inaudite su soggetti inermi. E’ un film crudo e forte, non mancano scene in cui si fa fatica a mantenere gli occhi sullo schermo. E’ la coscienza che le torture, come mostrate da Vicari, siano state realmente perpetrate nel nostro Paese ad impedire allo spettatore di scacciare un forte senso d’inquietudine.
Ma “Diaz-don’t clean up this blood” ci ricorda anche quello che il G8 avrebbe potuto rappresentare, il senso che i manifestanti avrebbero voluto dare a quei giorni: a Genova migliaia di gruppi provenienti da tutto il mondo per dare un segno, per gridare che tutto non deve andare così perché così è sempre stato, che un altro mondo è possibile.
Durante la proiezione di “Diaz-don’t clean up this blood” risuona forte una sola domanda: Vicari sembra volerci suggerire che, dopo un undici anni, è arrivato irrimediabilmente il momento di scegliere che paese vogliamo essere. Non ci sono appelli. Oppure finiremo per arrenderci alla falsificazione e alle bugie di chi continua a non pagare per le sue colpe, continueremo ad ignorare che ci fosse una trama ordita ben più in alto. Sceglieremo d’essere il paese della “macelleria messicana”, della “più grande violazione dei diritti dopo la seconda guerra mondiale”.
“La patria chi la ama ne accetta l’ipocrisia”? Non in uno stato democratico, nel quale la Costituzione sancisce come inviolabili la libertà personale e il diritto di manifestazione del pensiero. Perciò, non lavate via questo sangue.