Quante volte ci si presenta, anche solo per un istante, il desiderio di esprimere quanto di più naturale c’è in noi, senza badare a limiti di buon costume o etichette dettate da un’ipocrita “società mangiacreatività”? Raffaele Bruno ci ha provato e, stando all’ipercitato detto “tentar non nuoce”, ci è anche riuscito. Il suo e quello del suo gruppo di attori, fedeli seguaci del progetto, è un “delirio creativo”. Delirio è parola forte: perdita del senno, vaneggiamento, mancanza di razionalità. Se, però, il delirio entra a far parte di un binomio in cui l’apparente perdita della ragione lascia posto alla creatività, ecco che allora viene fuori l’assurdo mix di “Delirio Creativo”.
Lo spettacolo preparato è forse piuttosto definibile un antispettacolo. Nessuno sfarzoso costume teatrale, ma semplici e comodi abiti improvvisati; nessuna scarpetta di danza, ma piedi nudi; nessun sorprendente scenario, ma un pavimento, un paio di sedie e poche luci. Ma soprattutto quello che fa di “Delirio Creativo” uno spettacolo “altro” rispetto agli stereotipi a cui si è abituati, è la presenza di un pubblico non passivo, non muto, ma a gran richiesta rumoroso, partecipe e – appunto – creativo.
Nato come esperimento, passato per licei, piazze e, recentemente, all’Asilo della conoscenza e della creatività, è approdato inoltre allo Spazio di Massa, l’aula al primo piano della sede di Lettere e Filosofia in Via Porta di Massa e qui, ogni venerdì dalle 15:00 alle 19:00, s’impossessa dello spazio e degli animi del pubblico. L’obiettivo è quello di avere avanti a sé una platea vuota, con schiere di sedie circondate da gruppi sparsi di scarpe, quelle che il pubblico ha tolto per diventare attore. La trasformazione del pubblico non finisce qui. Non è solo invitato a recitare, prestando gesti e voci, ma gli è anche chiesto di partecipare attivamente alla trama, la cui ossatura diventa l’insieme di storie raccolte, rubate più o meno furtivamente agli spettatori. A pensarci, si basa sullo stesso principio che alimenta soap opera, telenovele, reality show e via dicendo: il principio che fa di ogni banalità un pretesto per raccontare e di ogni uomo un possibile narratore. Non si ferma però a questo primo step, ma va oltre. Ciò che si vuole raccontare al pubblico non è la solita storia infarcita di aridi e antichi clichè che muove il più delle telenovele, non è la pura finzione scenica mascherata da fittizia veridicità, come nel caso dei reality show, né tantomeno la storia è fatta veicolo di ideologie putride e malsane. Il messaggio che “Delirio Creativo” manda al pubblico è piuttosto: la storia siete voi. Ed è la più bella e tenera idea ad impossessare chi assiste e a dire sottovoce che la comunicazione è libertà e la libertà è arte.
“Delirio Creativo”, così, s’impone con la sua genuinità, mostrandosi come una meravigliosa esperienza di condivisione non dettata da regole economiche, ma solo dal bisogno innato nell’uomo di creare arte.
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