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“Istruzione di cartone”: la condizione delle scuole portata nelle strade

di Stefano Santos

NAPOLI – Tra i fattori che contribuiscono a una serena crescita culturale, conoscitiva e spirituale nella scuole, oltre all’apporto fondamentale che devono garantire i docenti, con la loro preparazione e la loro inclinazione a instaurare un rapporto di fiducia con i propri alunni, vi è anche l’ambiente in cui questa crescita avviene. Infatti, la qualità dell’insegnamento è, usando un’espressione presa dalla logica, condizione necessaria ma spesso non sufficiente perché vi sia una completa compartecipazione da parte dello studente.
Perché se è costretto a vivere ogni giorno in un contesto in cui deve misurarsi in una miriade di piccoli problemi, come il malfunzionamento dei termosifoni, il deperimento delle strutture dovute all’umidità, mille infiltrazioni della pioggia, e, cosa più grave di tutte, la consapevolezza di non avere un edificio a norma di legge, è normale che non si senta sereno e avverta la pressione di un ambiente deprimente.
Molti di voi si ricorderanno dell’episodio avvenuto il febbraio scorso, quando dal tetto dell’edificio del Liceo Umberto I di Napoli, considerato uno dei licei classici più “in vista” della città, cadde un pannello di plexiglass che ferì una studentessa. La cronaca giornalistica è costellata di questi episodi, con il più grave avvenuto a Torino più di tre anni fa, al Liceo Darwin, in cui il crollo del controsoffitto in un’aula causò la morte di un ragazzo.
La consapevolezza dello stato emergenziale delle scuole italiane è cresciuto da allora, ed è diventato uno dei temi più dibattuti e più caldi nell’ambito dell’attivismo studentesco.

È questo l’intento che ha animato i ragazzi della Rete degli Studenti medi di Napoli e l’Unione degli Universitari, che hanno organizzato all’ombra della camera di commercio a Piazza Bovio, nel centro della città, un’iniziativa denominata “Istruzione di Cartone”. L’obiettivo dichiarato in un documento: “Con una semplice raccolta di firme suggeriamo [alla Regione] di stanziare nuovi finanziamenti a tutela dell’istruzione pubblica, dei suoi edifici, del futuro del nostro paese.”
La fragilità del cartone, che si sfascia con tanta facilità con la sola acqua, va a rappresentare quindi la condizione in cui questa istruzione si svolge.
Il tempo in cui si svolge tutto questo è il pomeriggio assolato, in cui non vi è più il ritmo frenetico dell’ora di punta, ma gran parte della città è ancora in movimento.
Trascendendo la metafora, è stata costruita una casupola di cartone, fatta con gli scatoli, che doveva simboleggiare una scuola nelle sue fragilità strutturali, e sul tetto sono stati attaccati vari post-it, che in rapide frasi esprimono quello che si vuole per una scuola migliore. Alla base della casupola erano esposti, alla vista di tutti, tre cartelli che esprimevano tutte le risorse mancate per l’edilizia scolastica, usate invece per altri scopi: “160 miliardi di evasione fiscale”, “150 milioni ogni anno per le scuole private”, “15 miliardi per 131 cacciabombardieri”.
Importante è stato l’apporto dei passanti, che si incuriosivano, squadravano la casupola, ed erano invitati quindi a scrivere con pennarelli colorati quello che pensavano: “giusta”, “più libera”, “laica”, “strutture vivibili”, “aperta a tutti”, “meno dipartimenti, più facoltà”, “meno burocratica”, “sicura” sono alcuni esempi.
Tutto ciò è stato contorno al nocciolo dell’iniziativa, cioè la raccolta firme, che ha avuto bisogno dell’apporto fondamentale dei passanti. La partecipazione è stata diversificata: chi si è tirato indietro, chi ha mostrato indifferenza, chi ha accelerato il passo, ma anche chi si è mostrato interessato, pur titubante, e chi ha espresso apprezzamento verso questa iniziativa. Determinante nel risultato generale è stato l’apporto di una comitiva di ragazzi in gita, del Vallo della Lucania, che ha portato molte firme.
Alla fine dell’iniziativa sono state contate più di cento firme, che verranno portate, insieme a una mozione, all’attenzione della Regione e sensibilizzarla sul tema.

Spazio c’è stato, infine, per un “flash mob”. Tre banditi, interpretati dai ragazzi, con al collo i cartelli delle risorse “rubate”, hanno distrutto la casupola, che poi prontamente è stata ricostruita dagli altri ragazzi, a rappresentare il fatto che il miglioramento debba partire dal basso, dagli studenti stessi.