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“Il domatore di farfalle. Dialogo sull’immaginazione” – Capitolo 6

di Riccardo Pulcini

“Il principio dell’essere, dello spirito, del bene,
infatti è più forte della distruzione e del mutamento.
Da esso derivano le immagini che improntano
il mondo sensibile e corporeo.
Ma le regole, le forme, le somiglianze che questo riceve
sono come suggelli sulla cera.”
(“De Iside et Osiride”, Plutarco)

Archibald: Grazie a Dio!? Ti ha dato forse alla testa il vino? Che vai blaterando adesso?
Richard: Il vino, amico mio, non dà alla testa ma all’anima. Te l’ho già detto prima, ma vedo che non ascolti.
Archibald: Forse a te darà all’anima, ma a me comincia a girar la stanza tutt’intorno.
Richard: Principiante.
Archibald: Preferisco il rum.
Richard: Sei forse un pirata, caro?
Archibald: Reminiscenze di intemperanze fanciullesche.
Richard: Saresti stato un eccellente mozzo, ne sono sicuro.
Archibald: Delicato come al solito nel dar giudizi, noto.
Richard: I giudizi delicati sono come i consigli di una madre troppo apprensiva: inutili e fastidiosi.
Archibald: E c’è una sola cosa peggior che dar giudizi delicati, amico mio.
Richard: Sarebbe?
Archibald: Non darne affatto.
Richard: Sottile, anche troppo, forse.
Archibald: Può essere. Ma, tornando a noi, Richard caro, ti prego rispondi alla mia domanda.
Richard: Ho la memoria notoriamente corta.
Archibald: Abusi della mia pazienza, ora.
Richard: Abuso del tuo buonumore. Si fa così tra amici in fondo, no?
Archibald: Impudente. Sei fortunato ad essermi simpatico. Ad ogni modo, vorrei capire perché mai sarebbe un bene per l’uomo non possedere nulla di certo in questo Mondo, se non la certezza dell’incertezza. Siamo naufraghi in mare aperto, ma ad ogni naufrago è concessa una sua zattera.
Richard: Amico mio, tutto ciò che di grande è stato fatto su questa terra, è stato fatto senza la più minima parvenza di certezza. E’ l’incertezza la madre delle grandi azioni. Dove vi è il dubbio, vi può essere grandezza. “Ceux qui s’appliquent trop aux petites choses deviennent ordinairement incapables des grandes”.
Archibald: Sono notoriamente un asino in francese.
Richard: “Chi si applica troppo alle piccole cose, di solito diviene incapace delle grandi”, François de La Rochefocauld.
Archibald: Ma cosa c’è di grande nel compiere azioni e imprese senza la minima certezza su cui appoggiare i propri tormenti, i propri turbamenti?
Richard: E cosa c’è di grande, invece, nel compiere azioni che sono già per metà compiute da sé, come una preda già ferita e per metà morta, che aspetta solo il colpo di grazia? Il coraggio secondo te, caro Archie, nasce dalla certezza o dall’incertezza? La paura nasce dalla certezza anch’essa? E l’amore? Anch’esso dalla certezza? Tutto ciò che è certo è noioso e prevedibile. E Dio ha prontamente provveduto a liberarci dalla noia, che talvolta può esser fatale.
Archibald: Ma solo un folle può esser contento di non avere certezze! Non ha alcun senso!
Richard: Ah, il senso. Quando smetterai di preoccuparti delle cose per quello che dovrebbero essere, e inizierai invece a guardarle per quello che sono? Qui non è importante il dover> essere, caro mio, è importante essere, punto. La ragione tenta di far coincidere tutto con delle premesse create appositamente dalle nostre menti per far quadrare il cerchio, per render il Mondo un posto stabile, l’amore un porto sicuro. Noi siamo naufraghi in mare aperto, Archie caro, e qua giù solo il Cielo è terraferma, in mare aperto.
Archibald: Discorri utilizzando parole che suonano come poesia.
Richard: Sarebbe un complimento, amico mio?
Archibald: Non ne sono del tutto sicuro, Richard caro.
Richard: Cosa sono tutte queste incertezze tutt’a un tratto, Archibald? Non si addicono ad un uomo tanto “certo” come te.
Archibald: Colpa delle tue dissertazioni poetiche! Miserabile ciarlatano che mi ritrovo come amico!
Richard: E’ in momenti come questo che capisco che mi vuoi bene.
Archibald: Versami un altro po’ di quel tuo vino, suvvia. Vediamo se riusciamo a convincer la stanza a girare nel senso opposto, così mi si calma il senso di offuscamento.
Richard: Noto che è piaciuto non poco al tuo stomaco.
Archibald: E’ piaciuto al mio spirito.
Richard: Ah! Burlone!
Archibald: Sono una persona troppo vera per non concedermi mai di scherzare.
Richard: Perché?
Archibald: Perché chi non è mai un po’ superficiale non è una persona vera, reale, ma è sempre un individuo dalla personalità costruita, corrotta, architettata. E’ il nostro spirito ad imporci la superficialità talvolta, ne ha essenzialmente bisogno.
Richard: In fondo vale lo stesso per l’immaginazione. Chiunque non sia in grado di divertirsi non è in grado di immaginare per davvero.

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