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Al di sopra di ogni sospetto

di Giacomo Palombino

Paul McCartney non corrisponde all’immagine standard della rockstar: non è un uomo sprezzante delle regole, nemico del sistema, che caratterizza le sue esibizioni distruggendo chitarre e amplificatori. Paul è un rocker “al di sopra di ogni sospetto”, l’eccezione che conferma la regola; l’uomo che fin da piccolo è stato affascinato da un genere musicale, il jazz, che Lennon una volta definì “musica da nonni”. D’altra parte il padre, Jim, era un trombettista, e fece il possibile per far appassionare la sua piccola futura star alla musica che amava. Quando nel 1997 fu nominato cavaliere, Paul fu più che onorato di ricevere quella onorificenza, a differenza del suo amico John che ebbe la faccia tosta di rimandare al mittente la sua medaglia da “Member of the British Empire”. Ma non facciamoci un’idea sbagliata di questo personaggio: non è un vero conservatore. Stima Barack Obama e si è opposto, a suo tempo, alla guerra in Iraq, anche se, bisogna ricordarlo, prova una grandissima stima per la Regina Elisabetta, per la quale canterà in occasione del “Giubileo di Diamante” che si terrà a Giugno.
In ogni caso, non dimentichiamoci di chi stiamo parlando: avrà forse un carattere meno duro rispetto a un Jim Morrison o un Keith Richards, sarà anche un degno suddito di sua maestà, ma comunque è stato, e per i suoi fan sarà sempre, un Beatle, e un’esperienza di questo genere non si dimentica facilmente. È una figura affascinante: a metà strada fra le urla dei fan e le rassicuranti mura di casa; in bilico fra il rock degli anni d’oro e il Jazz di suo padre.
Da pochi mesi McCartney è tornato nei negozi di dischi con “Kisses on the Bottom”. Interessante è il giudizio che a riguardo espone Will Hermes, il quale dice che è divertente ascoltare Paul suonare proprio quel tipo di canzoni che i Beatles eliminarono per sempre dalle scene del pop. Si riferisce ad un genere classico, tradizionale, a quel genere di musica che noi oggi, citando nuovamente Lennon, definiremmo “da nonni”. L’album consiste infatti in una serie di reinterpretazioni di brani che appartengono al periodo precedente all’avvento dei Beatles e degli Stones. Così come il suo autore, dunque, anche “Kisses on the Bottom” è un album “al di sopra di ogni sospetto”, una raccolta di brani che non ti aspetteresti mai di sentir cantare da uno dei componenti del celebre quartetto di Liverpool.
Paul McCartney oggi ha sessantanove anni ed anche se il tempo è passato, e sicuramente non è più lo stesso ragazzino che faceva impazzire le fan, continua a suonare per le grandi occasioni, e, suonando, si diverte; proprio come il suo amico Ringo Starr, settantaduenne, il quale non ci pensa nemmeno ad abbandonare le bacchette. Anche Paul ammette di essere stato vittima di quella beatlemania di cui Martin Scorsese parla nel suo documentario dedicato a George Harrison: quest’ultimo è stato coraggioso a raccontare i suoi traumi, le sue paure, le ansie che il clamore attorno alla band gli aveva provocato. Paul dice che tutto questo è vero, anche lui ne ha sofferto, ma il gruppo più popolare di tutti i tempi era arrivato al capolinea, al punto di non ritorno. “Si parlò di una possibile reunion, ma c’era il rischio di rovinare tutto, la possibilità di sentirsi dire che, dopotutto, non eravamo così bravi”.
Paul è così ancora un protagonista del panorama musicale contemporaneo, ricorda con gioia i tempi che furono, ma continua a vivere di musica senza rimpianti o rancori. Lui in fondo è questo, un grande musicista immerso nella “normalità” di un essere qualunque; un uomo che la mattina si sveglia, fa colazione e, per recarsi allo studio 2 di Abbey Road, è costretto a fermarsi ogni giorno in mezzo al traffico perché gruppi di persone invadono la strada per farsi fotografare su quattro segni impressi sul manto stradale. Cose da tutti.

La fonte dei dialoghi e delle citazioni è la rivista “RollingStone”