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Hollande vince, sconfitto Sarkozy: la Francia svolta a sinistra

di Roberto P. Ormanni

Les jeux sont fait, la Francia ha scelto: François Hollande è il nuovo presidente francese. Il leader socialista, con il 51,7% dei voti conquistati al secondo turno, ha battuto il leader dell’Ump e presidente uscente Nicolas Sarkozy, che ha ottenuto il 48,3% delle preferenze. Hollande diventa così il ventiquattresimo presidente della Repubblica francese e il secondo uomo della gauche a sedere sulla poltrona dell’Eliseo. Prima di lui, solo un altro socialista: François Mitterand, nel 1981.
La Francia, oggi, decide di svoltare a sinistra, affidando il paese, in tempo di crisi, ad una politica dedita alla crescita e non solo all’austerità: “Le changement c’est maintenant”, è stato lo slogan elettorale di Hollande. Il cambiamento è adesso. Nella speranza di un futuro diverso.

E’ alle ore 20 che arriva l’annuncio ufficiale dei risultati, ma già da alcune ore gli exit poll danno sconfitto Nicolas Sarkozy. L’ormai ex-presidente, poco prima delle 20e30, arriva dai suoi sostenitori nella sala della Mutualité a Parigi per l’ultimo discorso pubblico. “Il popolo francese ha fatto la sua scelta: comincia così l’epilogo politico di Sarkozy. Un finale teso, emozionato, eppure elegante. “Da oggi, tornerò un francese tra i francesi”, dice lo sconfitto mentre annuncia di ritirarsi dalla politica in prima linea. E aggiunge: “Quando c’è una disfatta è il numero uno che deve assumersi le responsabilità”.
Durante il discorso, Sarkozy, con un tono discreto che non lo ha sempre accompagnato lungo il suo mandato, ha invitato il suo elettorato al rispetto verso il nuovo presidente: “E’ stata una scelta democratica e repubblicana. Gli ho parlato a telefono e gli augurato buona fortuna”. E conclude invitando all’unità: “C’è qualcosa di più grande di noi, è il nostro paese, la nostra patria”.
Nel frattempo, dalla piazza di Tulle, anonimo centro della Francia profonda, feudo elettorale socialista, conosciuto fino ad oggi per gli artigiani di fisarmoniche, François Hollande sostiene il suo primo discorso da vincitore. “Sarò il presidente di tutti”, annuncia sorridente e con quell’aria di ‘monsieur normal’ che lo ha caratterizzato fin dall’inizio. “Tutti in Francia saranno trattati con parità di diritti e di doveri”, dice Hollande, e aggiunge: “Chiedo di essere giudicato sui due impegni presi: la Giustizia e il futuro dei giovani. Da oggi ho l’impegno di fornire il cambiamento”. Col profilo basso, col carisma dell’anti-carisma, il nuovo presidente si concede giusto il tempo di un saluto ai suoi elettori. Poi di corsa verso Parigi, dove un bagno di folla in festa lo aspetta in place de la Bastille. Arrivato nella piazza della capitale mezz’ora dopo la mezzanotte, salito sul palco, Hollande si presenta come il “presidente della gioventù francese, delle ferite, della Giustizia” e avverte che “l’austerità non può essere inevitabile in Europa, c’è bisogno di crescita”.
Oggi, François Hollande ha passato la sua prima giornata da presidente in un quartier generale per guardare le liste dei possibili ministri di governo. Il nuovo governo, infatti, dovrà essere ufficialmente nominato entro il 15 maggio.

Eppure, le elezioni francesi non possono non riguardare un po’ tutti. Hollande, ieri, durante la festa, ha affermato che “il 6 maggio deve essere una grande data per la Francia, un nuovo inizio per l’Europa, una grande speranza per il mondo”. Chissà se ha indovinato. Sicuramente, però, le scelte dei francesi sono un’indicazione interessante da analizzare e portano alla luce certezze, dubbi e preoccupazioni.
Innanzitutto, la vittoria di Hollande è la riprova che chi ha il potere in tempo di crisi è destinato a perdere la fiducia, a torto o a ragione. Sarkozy è stato il primo presidente francese dal 1981 a non essere rieletto dopo il primo mandato. In Italia, Berlusconi è stato obbligato a dimettersi. In Germania, Angela Merkel sosterrà nei prossimi giorni il suo test di fiducia durante le elezioni dei Lander più popolosi. In America, Barack Obama sembra fare fatica a raccogliere la fiducia per le imminenti presidenziali.
Posta questa premessa, è interessante scoprire come in Francia i cittadini abbiano scelto di affidare la speranza del futuro ad una politica socialista. Sono varie le promesse nel programma elettorale. Sul piano interno, si legge una riduzione del 30% dei salari del presidente e dei ministri, il diritto di voto alle amministrative per gli stranieri residenti in Francia e una riduzione (da oggi al 2025) dal 75% al 50% della produzione di elettricità nucleare. Sul piano estero, spicca l’annunciato ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan entro la fine del 2012 e il riconoscimento dello Stato di Palestina. Eppure, è sicuramente sul piano economico che si concentreranno le prime battaglie. Hollande dovrà affrontare i mercati. E si sa, il denaro non è amico della sinistra: stamattina i mercati francesi hanno reagito in maniera negativa al risultato elettorale, nonostante in chiusura di giornata la borsa di Parigi abbia guadagnato l’1,65%. Un impegno, però, è costante nelle parole di Hollande: non solo austerità e più crescita nel Trattato di stabilità europeo. L’idra Merkozy (Merkel e Sarkozy) è scomparsa e ora si intravedono altri compromessi ed equilibri tra la cancelliera tedesca e il nuovo presidente francese.
Infine, come in ogni tornata elettorale, non bisogna sottovalutare i numeri.
Nel primo turno, François Hollande aveva ricevuto il 28% di voti, Nicolas Sarkozy il 27%. Il risultato che più ha sorpreso, però, è stato quello di Marine Le Pen, leader del Front National: il partito di estrema destra ha infatti conquistato il 17,90% di preferenze. La restante percentuale è andata ai partiti minori.
Giunti al secondo turno, Hollande ha conquistato la vittoria con 51,7% di voti, Sarkozy si è fermato a 48,3%. In queste numeri, però, vanno distinte la percentuale di votanti (80%) e la percentuale di astenuti (20%). Fermandosi alle cifre, dunque, pare che i voti dell’estrema destra siano solidi e abbiano solo carattere di “protesta”. E’ questo un altro compito che non dovrà essere trascurato: la crisi genera paura, e la paura conduce all’odio. Il numero di voti di Marine Le Pen è racchiuso nell’incertezza per il futuro. E l’unico antidoto è nel cambiamento promesso da Hollande.