di Giulia Battinelli
“Quello che (non) ho”: difficile stabilire se il titolo è una pretesa o una speranza. Sotto cieli così foschi e in un’aria così inquinata, letteralmente avvelenata da malumori e cattive parole, ecco che appare di nuovo lui, Roberto Saviano. La sua convinzione è che il momento migliore per parlare, per dare sfogo al male del Paese, è proprio quello in cui il Paese è più debole, in crisi. Ora, in questo 2012 dai mille cambiamenti e incerto sul futuro, non si può certo dire che l’Italia indossi le sue vesti migliori: ebbene, è questo allora il momento per interrogarsi, sviscerare ogni cosa, metterla a nudo e per l’appunto capire cosa i cittadini hanno e cosa no. Non è quindi un tema facile e Saviano, vestito d’elmo e spada, ha come suo fidato cavaliere il mite Fabio Fazio. La loro collaborazione non è una novità. La televisione italiana ha, infatti, già visto i due esibirsi in una performance comune nella trasmissione di produzione Endemol “Vieni via con me” in onda su Rai Tre dall’8 al 29 novembre 2010 in un totale di quattro puntate. A giudicare dai dati di Auditel – con picchi che hanno sfiorato i 10 milioni di telespettatori e numeri da capogiro per lo share – la trasmissione fu un vero e proprio successo, nonostante le voci discordanti dei vertici Rai, preoccupati dalla forza delle parole di cui si dimostrò capace l’esperimento televisivo. “L’indifferenza e l’ostilità da parte dell’Azienda è stata evidente sin dal primo momento”, dichiara Fabio Fazio, facendo notare che da parte dei maggiori rappresentanti della Rai non solo è mancato entusiasmo per il progetto, ma si è cercato anche in più modi di importunarlo: dalla questione sul cachet di Benigni fino alla sospensione di Loris Mazzetti motivata da un ritardo di due minuti e mezzo al termine dell’ultima puntata, fino ancora all’addio tanto desiderato allo scomodo Santoro. In una lettera del 13 giugno 2011 a Repubblica un Fazio quanto mai amareggiato si fa sfuggire: “Se altrove troverò le condizioni necessarie, l’entusiasmo e la condivisione del progetto, il pubblico potrà ritrovare presto me e Saviano di nuovo insieme”. Oggi pare che condizioni, entusiasmo e condivisione del progetto siano arrivati. L’altrove – in cui per “altro” si intendeva “altro rispetto alla Rai” – è stato trovato: ad ospitare le tre puntate di “Quello che (non) ho” saranno gli studi di La7, “una rete che ha una media di ascolti del 3,5 %”, come sottolinea lo stesso Fazio. Anche questo fa parte di quella sfida che Fazio e Saviano si sono proposti. A meno di due anni di distanza dal successo di “Vieni via con me”, avrebbero potuto accogliere di nuovo il titolo entrato nelle case di milioni di Italiani, eppure il programma va al di là di queste logiche mediatiche e opta quindi per un nuovo titolo, facendo un omaggio all’omonima canzone di Fabrizio De Andrè, il cantautore genovese che ha saputo dare voce all’Italia e agli Italiani. Le difficoltà non si fermano qui. I due sanno che parlare nel 2010 di un nemico comune, ormai alla fine delle sue forze, presupponeva sicuramente un lavoro più facile di quello che si prospetta ora che le cose sono cambiate. A dare un tocco colorato a questo “rito sacro” la cui religione è la parola, ci sono anche le voci femminili di Elisa, che canterà canzoni di Bob Dylan e Cat Stevens, la musica di Woodstock, e l’acrobata della parola Luciana Letizzetto. Ma allora perché solo tre puntate, se da dire c’è tanto? Il motivo implicito nella scelta è volersi affacciare sul panorama italiano – televisivo e nazionale – come da una finestra, per lanciare messaggi di cui conta l’incisività, non la durata.