di Ferruccio De Prisco
Dalle parole sin ora dette si comprende come le azioni di ogni organismo siano protese al compimento delle proprie finalità, sia che esse siano volte all’appagamento del desiderio più vano, sia che abbiano come obbiettivo altre forme di bisogno più importanti. Questa asserzione potrebbe apparire quanto meno ambigua se si tenesse in considerazione l’irrazionalità dell’esistenza umana. Qualsiasi specie non è di fatto utile se presa singolarmente, per quanto l’agire di ogni individuo sia puro fine. Si consta, invece, che essi presentano una razionalità se facenti parte di un ecosistema in cui interagiscono con numerosi altri organismi. L’unica deduzione scientifica che è possibile addurre da questa differenza è, dunque, quella secondo cui alcuni animali esistono per sfamare altri animali e questi ultimi per nutrire quelli dell’anello successivo.
Il concetto di catena alimentare con le sue reti trofiche non è nuovo. Ciò che è interessante è il notare come esse rappresentino il fine oggettivo di ogni organismo. Da ciò è possibile dedurre due aspetti: se l’obiettivo naturale degli organismi è mantenere viva la catena alimentare, il fine conseguente perché questo accada è l’atto riproduttivo. Se poi si tiene conto che una modalità scientifica di descrivere qualsiasi ente naturale è la definizione causalistica della provenienza della cosa stessa, si dirà che l’uomo è il frutto di un atto sessuale. L’altra deduzione che è possibile fare è quella che nasce dall’interrogarsi circa l’utilità del mantenimento della catena alimentare. La risposta immediata è sicuramente quella di permettere l’esistenza della natura, la quale, a sua volta, manterrebbe l’ordine cosmico così come lo intendiamo e su cui non è possibile fare speculazioni circa l’origine, non per limitatezza della scienza in sé, ma per deficienza della mente umana, che si serve delle leggi naturali racchiudendole nella convenzionale parola di “scienza”. Va comunque specificato che anche nei precedenti capitoli si è discusso del fine dell’animale uomo. Come si sarà compreso, mentre prima ci si riferiva a quella serie di fini soggettivi il cui raggiungimento porterebbe gli uomini a non essere selezionati dalle leggi della catena alimentare, ora, invece, si parla del fine oggettivo della natura da cui nessun animale si può sottrarre. Si comprende così come la natura in sè, mossa dal mantenimento di un’essenza cosmica superiore, sia costretta a muovere un meccanismo che vada a discapito dell’essere dell’individuo stesso. Il fine soggettivo è, dunque, il combattimento attraverso l’atto della guerra di sopravvivenza che non si applica solo sui campi di battaglia, ma, giorno dopo giorno, attraverso una serie di azioni descritte nei capitoli precedenti. La guerra è, perciò, da considerarsi atto naturale . La progressiva cessazione di questa tra le diverse razze di animali uomini riunite a formare grandi tribù chiamate da essi stessi con il termine convenzionale di “stati”, non può che allontanarci dalla ricerca della verità.La conseguenza di tutto ciò è la mancata selezione delle “tribù di uomini” non adatte alla sopravvivenza.
L’unica selezione che permane è, dunque, quella sociale.
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