di Giovanni Fantini
Elezioni in corso
Il 3 ottobre, si è svolto il primo turno delle elezioni presidenziali in Brasile, per decidere il successore di Luis Inacio Lula Da Silva, presidente in carica uscente, eletto per due volte, nel 2002 e nel 2006. Sono stati protagonisti gli ormai affermati Dilma Rousseff del Partito dei Lavoratori (ideale successore designato da Lula), il principale oppositore José Serra del Partito della Social Democrazia Brasiliana e a sorpresa, con il 20% dei voti, Marina Silva del Partito Verde Brasiliano. I ballottaggi si terranno il 31 Ottobre e chiameranno alle urne circa 136 millioni di persone. Uno tra la Rousseff e Serra dovrà ottenere più del 50% dei voti. Nei sondaggi è in testa il potenziale primo presidente donna del paese con il 51% delle preferenze. Durante i tafferugli scoppiati tra i sostenitori dei due candidati, Serra è stato colpito alla testa da un pesante oggetto, che ricorda vagamente l’aggressione subita a Milano dal premier italiano, Silvio Berlusconi.
Lula ottenne il 61% dei voti ai ballottaggi del 2002, assumendo il potere il 1° Gennaio 2003. Come prevede la costituzione Brasiliana un candidato non può essere eletto per più di due volte consecutive, per cui Lula è costretto a uscire di scena, dopo tutto ciò che ha compiuto per il Paese. Lo ricorderanno in tanti, sostenitori e oppositori, perché il suo operato rimarrà nella storia. E’ riuscito a trasformare il Brasile da paese povero dell’America Latina, a potenza politica e economica (oltre che guida per il Sud America) a livello mondiale.
Le origini del “presidente operaio”
Prima di diventare presidente, Lula aveva politiche di Estrema Sinistra. Da quando è al governo, invece, è da considerare un moderato socialdemocratico; comunque il presidente più di sinistra che il Brasile abbia mai conosciuto. E’ un tipico uomo medio Brasiliano, nasce in una famiglia povera con otto fratelli a Caetes, il 6 Ottobre 1945, arriva alla quarta elementare e comincia a lavorare giovanissimo. Trovato impiego in una fabbrica (dove perderà un dito), finisce gli studi ottenendo un diploma equivalente al conseguimento della Scuola Superiore italiana. Avrà cinque figli con due mogli, di cui uno illegittimo. Proprio dopo aver perso un dito, entrerà nel sindacato dei lavoratori dell’acciaio, del quale divenne presidente nel ’78. Fu incarcerato per un mese alla fine degli anni ‘70 in seguito a una serie di scioperi sotto la dittatura. Nel 1980 fonda, insieme a Chico Mendes e un gruppo composto da intellettuali, professori universitari e sindacalisti, il Partido dos Trabalhadores. Nel ’86 diventa deputato e dopo aver perso nel ’90, nel ’94 e nel ’98, vinse finalmente le presidenziali nel 2002.
Inizialmente, i rappresentanti della borghesia erano preoccupati dall’elezione di “un operario”, poiché alcuni influenti personaggi di sinistra volevano cancellare le fiorenti riforme di mercato iniziate dieci anni prima. Dopo le elezioni, la paura del socialismo determinò la fuga di capitali che sembrava potesse far fallire lo stato a causa dell’enorme debito estero. L’immagine del paese passa da una fascia di contraddizioni sempre in crisi ad un modello di progresso, con un economia in pieno boom, che sarà rafforzata con il completamento dell’autostrada Transoceanica nel 2012 che, attraversando il continente, porterà i prodotti Brasiliani in Oriente. I progetti sociali del Pt di Lula, come il programma di lotta alla povertà, chiamato Bolsa Familia, iniziano a essere inseriti nelle piattaforme elettorali del centro e della destra. Gli investitori hanno ripreso a comprare le azioni e i titoli di stato brasiliani, tanto da far ottenere al Brasile due importanti riconoscimenti internazionali: i Mondiali di Calcio nel 2014 e le olimpiadi nel 2016. Tutto grazie a Lula.
I problemi però non sono ancora finiti. La povertà e la corruzione, sebbene ridotti, sono ancora molto presenti, e lo spreco dei cervelli (anche grazie all’ancora basso tasso di alfabetizzazione, solo un brasiliano su 4 è completamente alfabetizzato, a causa dell’antiquato sistema scolastico) è incalcolabile. Noi abbiamo la fuga dei cervelli, loro purtroppo i potenziali geni non li individuano nemmeno. L’evoluzione del Brasile non è il risultato delle interferenze straniere, è l’unico paese sudamericano ad aver fatto tutto da solo, grazie al fiorente commercio del caffè. Il segreto del successo di Lula sta tutto nell’attenzione all’economia: bilanci equilibrati, controllo continuo per evitare l’inflazione. Durante la crisi dell’anno scorso l’economia Brasiliana è stata una delle ultime a rallentare e una delle prime a riprendersi. Oggi la crescita è sorprendente, e il paese può finalmente investire nel progetto più caro al presidente: sconfiggere la povertà. Cosa succederà ora? Probabilmente Dilma Rousseff sarà eletta, grazie all’intensa campagna di Lula in suo favore. Ma non avrà lo stesso consenso del suo tutore, e, probabilmente, non riuscirà a ottenere gli stessi progressi.
La speranza del futuro
I problemi interni del paese sono ancora grandi, gli indici politici e economici non rispecchiano la realtà: la guerra della droga imperversa sovrana. Se una parte della polizia si scontra ogni giorno per distruggere queste attività, l’altra parte prende mazzette dalla stessa. Le immagini degli scontri, delle sparatorie, delle favelas contrastano con la volontà del Brasile di affermarsi sulla scena Internazionale: tutti gli occhi del mondo, e soprattutto quelli del continente sudamericano sono puntati sui progressi del Brasile. Se questi dovessero continuare, il Brasile sarà una guida per tutti i paesi in via di sviluppo. Se questi dovessero fallire, invece, sarebbe una catastrofe per le economie emergenti.