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“Il domatore di farfalle. Dialogo sull’immaginazione” – Capitolo 8.2

di Riccardo Pulcini

Archibald: Credo che tu riponga decisamente troppa fiducia in questa tua immaginazione.
Richard: E io credo che tu non ne riponga affatto.
Archibald: Davvero credi che il Mondo giri per immaginazione?
Richard: Dovrei fare forse come te, e credere che il Mondo giri unicamente per angherie ed efferatezze intrise di sangue e dannazione? Credi davvero che sarebbe meglio, Archie caro? O, ancor peggio, credi davvero che sia così?
Archibald: Non ho mai detto di credere questo. Ma non puoi evitare di ammettere che al giorno d’oggi il Mondo sia costituito in buona parte da atrocità simili.
Richard: Atrocità simili sono il frutto di immaginazioni deviate e degenerate. Sono il frutto di uomini che, pensando di poter dominare le proprie volontà, si sono ritrovati ad essere al contrario loro stessi dominati e schiavizzati dalle proprie passioni. Le efferatezze, le brutalità e le barbarie accadono quando è la vita a governare  gli uomini e non gli uomini a governare la propria vita.
Archibald: Governare la propria vita?
Richard: Sì, mio caro Archibald. Governare la propria vita, proprio così. Aborro l’atteggiamento di certi individui che ripongono ogni cosa nel Caso o nella dea Fortuna. Non vi è Caso in questo Mondo, non vi è Fortuna né coincidenze. Le coincidenze sono interazione di più immaginazioni messe insieme, sono il modo talvolta per mostrarci la via da seguire, la via che la nostra volontà vuole o meno seguire.
Archibald: Ma insomma mi hai detto l’inizio e la fine dell’educazione all’immaginazione, ma non mi hai esposto gli aspetti fondamentali.
Richard: Inizio e fine, sono come l’alfa e l’omega, sono la sintesi di tutto il resto che v’è nel mezzo.
Archibald: Avanti! Non fare tante storie e parla una buona volta!
Richard: Suscettibile amico mio, or dunque ti spiego.
Archibald: Dì pure.
Richard: Ogni individuo ha in sé la facoltà di immaginare. Talvolta viene repressa, talvolta esercitata. I motivi possono essere svariati e non ci interessano. Nell’età infantile ogni bambino inizia a sviluppare la sua immaginazione, in maniera esponenziale, poiché la ragione ancora non ha preso il sopravvento e non l’ha incatenato alla materia. Nei primi anni infatti, il bambino è libero di potenziare la sua capacità immaginativa, attingendo direttamente dal suo mondo interiore. Vivere equivale ad immaginare. Questo stato di cose, in cui ogni oggetto è di per sé un oggetto poetico, nella misura in cui viene visto nel suo aspetto trascendentale e più nobile, persiste fino al momento in cui il bambino inizia l’esperienza scolastica.
Archibald: Perché? Che succede allora?
Richard: Il bambino incontra altre persone. E quindi il Mondo. Se nella prima fase vi era il binomio costituito sostanzialmente da bambino-cose, tralasciando l’ambiente familiare che non corrisponde alla vita reale, adesso il bambino deve rispondere a precise regole di comportamento imposte dall’etica sociale, per far sì che vi sia un’interazione preordinata, con il resto della società civile.
Archibald: E quindi? Il bambino è costretto a veder morire in silenzio la sua immaginazione?
Richard: Se sarà giusto, e se ne avrà la facoltà, il bambino svilupperà la sua personalità senza lasciarsi schiacciare dal Mondo esteriore, e quando parlo di personalità, intendo anche la volontà.
Archibald: E come si fa a sviluppare la propria personalità o la propria volontà?
Richard: Il modo migliore è credere.
Archibald: In cosa?
Richard: Qualunque cosa, amico mio. Perché credere in qualcosa significa idealizzare quella cosa. E quando si crede in qualcosa si potenzia la propria volontà e la propria personalità. E una volta che la personalità sarà rafforzata e la volontà esponenzialmente aumentata, l’individuo saprà servirsi della propria immaginazione per lo scopo che più gli aggrada.
Archibald: E funziona così per tutti?
Richard: Ovviamente no. Ognuno ha in sé una potenzialità predefinita, che non può andare oltre certi limiti. Ci si può esercitare, migliorare, ma non si potrà mai eguagliare la facoltà immensa donata da un’immaginazione radicata nello spirito.
Archibald: Ma l’utilizzo dell’immaginazione non richiede alcuno sforzo particolare?
Richard: L’utilizzo dell’immaginazione richiede un dispendio di energie spirituali notevoli, ma ne crea parimenti delle nuove, più forti e rinvigorite dall’esperienza.
Archibald: Esperienza?
Richard: Sì, vedi amico mio, quando si immagina si esce da sé, si diventa altro da sé per alcuni istanti, e quando si fa ritorno nella propria individualità, lo si fa arricchiti da ciò che si è visto, o meglio, sentito con lo spirito.
Archibald: Ed eticamente parlando, tutto ciò non ha niente di morale.
Richard: Tu mi hai chiesto di parlarti dell’immaginazione, non di come ci si deve comportare in presenza d’ospiti di riguardo, o quali posate vanno utilizzate per la prima portata o per il dessert. La tua anima, Archibald, la mia, quella del mio cameriere, dell’impiegato che lavora dal fioraio, di un bambino appena nato che vede il Cielo per la prima volta, tutte le anime di questo instabile, traballante Mondo, sono opere d’Arte, sono pezzetti di Arte, sono pezzetti di Eterno. Perché l’Arte, a discapito della carne, vince il Tempo.  L’immaginazione aumenta la vita, ce ne fornisce dosi in quantità sempre maggiori e sempre più potenti. La crea, la plasma, la genera, le dà origine. Ciò che vediamo è ciò che immaginiamo. Vediamo la vita che dentro di noi immaginiamo, vediamo le cose per quelle che sono nella misura in cui lo sono per la nostra immaginazione. Il Mondo aderisce alla nostra volontà, è un abisso risucchiato da un altro. Ciò che unisce e accomuna tutti gli uomini è la volontà di vivere la propria vita nella maniera in cui ognuno l’ha immaginata. Tutti i più grandi artisti hanno sempre tenuto in conto una cosa per prima, l’immaginazione. Gericault, Delacroix, Turner, Pessoa, Baudelaire, Leopardi e lo stesso Omero. Sono infiniti nel numero e nell’animo. Avere la forza di immaginare significa dominare la materia, significa dare un volto al Cielo e un senso alle stelle.

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