di Gianmarco Botti
“Da quando sono arrivato qui,
ho imparato che Chester A. Arthur è una persona
e il Presidente degli Stati Uniti un’altra”
Il 2 luglio 1881 a Chester Alan Arthur saranno fischiate le orecchie: nel momento in cui faceva fuoco contro il presidente Garfield, Charles J. Guiteau gridava il suo desiderio di vedere proprio lui, il vicepresidente in carica, alla Casa Bianca. Dovettero passare due mesi perché, morto Garfield a settembre, l’obiettivo di Guiteau fosse raggiunto e Arthur si insediasse come ventunesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Ma cosa aveva a che fare lo squilibrato omicida che nel giro di un anno avrebbe penzolato dalla forca con questo stimato avvocato nato in Vermont e formatosi a New York prima di scalare i vertici dell’amministrazione pubblica? Entrambi appartenevano al gruppo degli Stalwarts, l’influentissima corrente conservatrice del Partito Repubblicano che per anni aveva portato avanti il sistema di rapporti clientelari e raccomandazioni contro il quale gli ultimi presidenti avevano concentrato i loro sforzi. In particolare il presidente Hayes, dopo aver fiutato odore di corruzione negli ambienti della dogana di New York, era arrivato a destituire due importanti burocrati appartenenti a quella fazione. Arthur era uno di loro. L’episodio, tuttavia, non compromise la sua carriera politica, che anzi ricevette una drastica impennata con la candidatura per la vicepresidenza alle elezioni del 1880. Il team Garfield-Arthur esprimeva appieno la difficile sintesi fra le diverse anime del Partito Repubblicano, teso fra le aspirazioni di rinnovamento etico incarnate dal predicatore dell’Ohio e la volontà di conservare un vecchio sistema di potere rappresentato dagli Stalwarts. Eppure la presidenza Arthur era destinata a far saltare gli schemi: l’uomo che per tutta la sua carriera di amministratore era stato parte attiva dello spoils system e se ne era servito per scopi non sempre troppo limpidi, da presidente si rivelò una vera sorpresa. Indipendenza di giudizio e ostilità verso i cacciatori di poltrone furono la cifra del suo mandato, durante il quale coloro che si erano resi responsabili di frodi nel sistema degli appalti furono perseguiti duramente. Sull’onda del profondo shock provocato nell’opinione pubblica dall’assassinio di Garfield, Arthur prese su di sé l’impegno di condurre in porto la riforma della pubblica amministrazione che il suo predecessore aveva avuto tanto a cuore. Lo stesso Congresso, che fino ad allora aveva contrastato vigorosamente l’idea di una riforma in senso apartitico e meritocratico, si vide ora costretto ad approvarla: il “Pendleton Act” del 1883 istituì una commissione federale per i concorsi pubblici e proibì di raccogliere fondi per la politica presso i funzionari statali. Il primo frutto della riforma fu la nascita di una nuova classe di quadri dell’amministrazione USA più onesta ed efficiente, che si sarebbe rivelata fondamentale in anni cruciali per lo sviluppo della potenza economica americana. Quel che invece i riformatori non potevano prevedere era che, proibiti i maneggi in ambito amministrativo, la politica avrebbe trovato un nuovo terreno fertile per i propri traffici nel mondo degli affari. Luci ed ombre, come è naturale che sia, per una legge che rappresentò tuttavia un indiscutibile atto di coraggio da parte di una classe dirigente che voleva rinnovarsi. Una ricaduta decisamente negativa la riforma la ebbe invece sul futuro politico dell’inquilino della Casa Bianca: Chester Arthur pagò sulla propria pelle l’autonomia delle sue scelte, con la quale si era alienato il sostegno della sua stessa corrente senza tuttavia riscuotere i favori dell’ala progressista del partito. Nel 1885, allo scadere del mandato, abbandonò Washington per fare ritorno a New York dove sarebbe morto di infarto l’anno seguente. Il Partito Repubblicano, che nelle elezioni del 1884 lo aveva rimpiazzato con un nuovo candidato, andò incontro alla sconfitta. Dopo quasi venticinque anni di dominio incontrastato dei Repubblicani sulla politica nazionale, i Democratici tornavano alla Casa Bianca.