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Allen a pezzi/5

Woody Allen e Tea Leoni in "Hollywood Ending"di Brando Improta

“Sono decisamente contrario alla vecchiaia.
Penso che non la si debba raccomandare a nessuno”
(W. Allen)

2000-oggi
Nel 2000 Woody Allen cambia casa di produzione e passa alla Dreamworks. Il suo primo film sotto la nuova etichetta è “Criminali da strapazzo”, un ritorno alla comicità pura degli esordi, con tante situazioni divertenti e gag a profusione. È una pellicola sicuramente riuscita, con un cast perfetto e una storia già divertente nelle premesse: una banda di ladri, per rapinare una banca, affitta un negozio di biscotti accanto al caveau e inizia a scavare una buca.
Il film è un buon successo al botteghino, ma sarà l’ultimo in patria per Allen, prima di un periodo d’oblio. Nel frattempo, però, Allen recita anche in due film non diretti da lui, due mediocri commedie: “Ho solo fatto a pezzi mia moglie” di Alfonso Arau, con Sharon Stone ed Elliott Gould; “Una spia per caso” di Douglas McGrath, remake aggiornato ai tempi moderni, del suo vecchio capolavoro “Il dittatore dello stato libero di Bananas”.
Nel 2001 esce “La maledizione dello scorpione di giada”, un altro film assolutamente comico, non paragonabile ai suoi illustri predecessori, ma divertente, soprattutto grazie alla storia che coniuga giallo e parodia. Il film però è un enorme insuccesso al botteghino così come i successivi “Hollywood Ending” e “Anything Else”. Due pellicole riuscite, soprattutto la prima, nella quale Allen comincia a criticare il sistema cinematografico hollywoodiano che dimentica troppo in fretta chi tanto ha dato all’industria, in luogo della star del momento. Nella seconda invece torna alla commedia sofisticata, con Jason Biggs (famoso per la serie di American Pie) che lo sostituisce idealmente come protagonista innamorato e deluso, mentre lui si ritaglia una fenomenale parte secondaria nel ruolo di uno scrittore di testi per comici.
Entrambi i film vengono apprezzati maggiormante in Europa che negli Stati Uniti, dove la critica comincia a considerare Woody come un vecchio regista sul viale del tramonto, incapaci di vedere i guizzi che ancora sanno donare i suoi dialoghi brillanti.

Jonathan Rhys-Meyers e Scarlett Johansson in una scena del film "Match Point"

Nel 2004, Allen gira “Melinda e Melinda”, una commedia discreta, basata sulla folgorante idea di raccontare la stessa storia in due toni diversi: uno drammatico e uno comico, che vanno ad alternarsi come fossero due episodi differenti. Nel film il regista non appare come attore, e così sarà per altri tre anni, considerandosi un interprete mediocre diventato ancora più inadeguato a causa dell’età.
Il film è ancora una volta flop negli Stati Uniti, e così, alla soglia dei settant’anni, Allen lascia l’amata New York, scenografia di quasi tutta la sua filmografia sino a quel momento, e parte per l’Europa, dove il suo genio è ancora acclamato e desiderato.
Gira così a Londra “Match Point”. Il film segna un’inaspettata svolta nella sua carriera, iniziando come dramma e tramutandosi poi in thriller teso e serrato, persino crudele nella sua morale (il crimine questa volta paga). La pellicola è presentata fuori concorso al Festival di Cannes dove ottiene un vero e proprio trionfo, che si concretizzerà in un incasso a dir poco sbalorditivo: 85 milioni di dollari, l’incasso più alto di tutta la sua carriera. Ma non basta, “Match Point” procura infatti una nomination a Woody per la sceneggiatura, riportandolo finalmente in auge dopo alcuni anni stagnanti.

Woody Allen e Scarlett Johansson in "Scoop"

Nel 2006 Allen gira “Scoop”, ancora una volta in Inghilterra, e con la stessa protagonista del film precedente: Scarlett Johansson. Nel film l’autore torna anche a recitare in un ruolo centrale, riproponendo una comicità irrefrenabile e molto romanticismo, allontanandosi così dai toni cupi dell’opera precedente. Il film è un discreto successo al botteghino, ma Allen decide di tornare al thriller l’anno successivo con “Sogni e delitti”.
Il film è però forse uno dei meno interessanti della sua carriera, con personaggi poco approfonditi e prevedibili, mancante completamente dell’introspezione psicologica punto di forza di “Match Point”. La storia si rifà ampiamente ai temi della colpa e del fato, ricollegandosi alla tragedia greca fin dal titolo originale “Cassandra’s Dream”, ma Allen non riesce a ritrovare la stessa originalità della dea dell’amore, in cui, seppure in chiave diversa, aveva affrontato gli stessi argomenti.
Nel 2008, Allen supera ancora una volta il suo record d’incassi con “Vicky Cristina Barcelona”: oltre 96 milioni di dollari. Girato per la prima volta in Spagna, come lo stesso titolo suggerisce, è una commedia romantica, molto lenta, ma ben recitata che non ha lasciato scontenti i fan del regista newyorkese. Nel film appare, in una piccola parte, Joan Pera, storico doppiatore spagnolo di Woody Allen, che per la versione italiana è stato doppiato da Oreste Lionello; il film segna inoltre la terza collaborazione con la Johansson e la prima con Penelope Cruz, che per la sua interpretazione si aggiudicherà l’Oscar come miglior attrice non protagonsita.

Nel 2009, Allen ritorna a New York per “Basta che funzioni”, commedia vecchio stile, tratta infatti da una sceneggiatura scritta da Woody nel 1976 per l’attore Zero Mostel, che morì però pochi mesi dopo, cosa che portò il regista a rimandare il film di ben trent’anni.
Il protagonista è Larry David, star della televisione americana, vero e proprio alter ego di Woody Allen: nei suoi dialoghi (brillantissimi, i migliori degli ultimi film) troviamo infatti le solite paure del caro vecchio omino dai capelli rossi, gli stessi tic e le ormai famose manie.
Nel 2010 Allen ritorna in Europa, ancora una volta a Londra, per “Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, nuovamente strutturato ad episodi intrecciati sotto forma di commedia sofisticata, con intrighi amorosi, triangoli e tradimenti. Il cast è all star: Antonio Banderas, Josh Brolin, Naomi Watts, Freida Pinto e Anthony Hopkins, a cui tocca l’ingrato compito di fare da alter-ego del regista, interpretando un uomo anziano che lascia la moglie per una donna molto più giovane.

Owen Wilson in "Midnight in Paris"

Il film non è molto ritmato, né molto divertente a dire il vero, ma conserva un impeccabile classe nella confezione, grande cura nella colonna sonora e nella direzione del cast, quella impeccabilità che solo i grandi registi consumati possono ripetere ad ogni esibizione.
Nel 2011, Woody Allen torna a fare i fuochi artificiali con “Midnight in Paris”, commedia romantica con inserti di cinema fantastico, ambientata appunto a Parigi.
È il film più poetico e delicato di Allen degli ultimi dieci anni, leggero come una piuma, perfetto nei dialoghi, strabiliante nelle sue citazioni colte e nella ricreazione di una Parigi anni venti pressochè perfetta. Musiche scelte con cura, con una introduzione che scorre su tanti scenari parigini incantevole, e una grandissima interpretazione del protagonista Owen Wilson, interprete di molte commedie ma mai così misurato e adeguato al ruolo. Il film si procura quattro nomination all’Oscar (fra cui miglior film) e regala ad Allen un’altra statuetta per la miglior sceneggiatura originale.
L’incasso è da favola: ben 151 milioni di dollari in tutto il mondo.

Woody Allen e Roberto Benigni, insieme sul set di "To Rome With Love"

Si giunge, così, al 2012, anno in cui Woody decide di sbarcare in Italia per il suo ultimo film: “To Rome with Love”. Il film segna il suo ritorno fra i protagonisti (doppiato da Leo Gullotta) ma anche quello del grande Roberto Benigni a sette anni di distanza dalla sua ultima fatica cinematografica; accanto a loro Alec Baldwin, Penelope Cruz, Jesse Eisenberg, Ellen Page, Alessandro Tiberi e Antonio Albanese, nonché uno stuolo di comparse prese da tutto il cinema italiano. Molta critica italiana si è abbattuta contro il film: Roma da cartolina hanno detto, Italia stereotipata, comicità da cinepanettone, episodi sfilacciati e mai davvero incisivi. In realtà, il film è una commedia riuscita, che attraversa in quattro episodi l’intera carriera cinematografica di Allen, passando dalla comicità pura (il suo episodio) al romanticismo un po’ surreale che sa tanto di rosa purpurea o di scoop (l’episodio di Baldwin), dal facilità di costumi e i problemi di coppia (la Cruz e Tiberi) alla satira di costume (Benigni). C’è n’è per tutti i gusti, con dialoghi scoppietanti, un ritmo veloce e, sì, una Roma da cartolina, molto migliore di quella reale, perché sulle cartoline tante cose, per fortuna, non si vedono.

Cosa ci sarà nel futuro di Woody Allen? Un film ancora senza titolo, da lui diretto e interpretato da Alec Baldwin e Cate Blanchett, ambientato probabilmente a San Francisco; un gradito ritorno davanti alla macchina da presa in una commedia diretta da John Turturro, e poi chissà. Di sicuro non si fermerà, nonostante la veneranda età, e questo è un bene per tutti noi, perché se è vero che ridere evita l’invecchiamento allora i film di Woody Allen sono uno dei pochi e autentici elisir di lunga vita.