Che il girone fosse di ferro lo si sapeva già. Che tra le tre pretendenti al passaggio del turno, l’Olanda fosse il team incapace a centrare l’obiettivo, forse questo era un po’ meno prevedibile. I tulipani hanno chiuso con zero punti all’attivo, ultimi ed addirittura superati da quella cenerentola che gli addetti ai lavori avevano individuato nella Danimarca, vittoriosi proprio contro gli orange nella partita inaugurale per 1-0.
Com’è possibile che la squadra che solo due anni prima perse una finale mondiale contro la Spagna per 1–0, ma capace di condurre una cavalcata fino a quel momento storica, abbia subito un’involuzione così radicale?
In effetti, gran parte della rosa è rimasta invariata, commissario tecnico compreso.
Tentiamo di condurre un’analisi dettagliata.
Partiamo dalla difesa, mai vero gran punto di forza dei tulipani.
Lanciare un diciottenne come Willems, prelevato solo un anno fa dal suo Sparta Rotterdam direzione Eindhoven, è stata una mossa al dir poco coraggiosa. Nelle tre partite, il terzino sinistro, erede di una bandiera indiscussa come Van Bronckhorst, ha dimostrato lacune tattiche e caratteriali non indifferenti. Niente di strano, data soprattutto la giovane età. Responsabilità da affibbiare probabilmente al c.t. Van Marwijk. Il punto non è saper apprezzare esperimenti e ringiovanimenti delle rose nazionali.
Purtroppo, esistono giovani più o meno acerbi, giocatori più o meno pronti per determinati palcoscenici.
In generale, comunque, tutto il pacchetto arretrato non ha di certo brillato in quanto a compattezza ed incisività, Van der Wiel escluso.
Capitolo centrocampo. La formula tattica adottata dal tecnico, lo spumeggiante 4–2–3–1, presuppone due mediani di centrocampo dai grandi polmoni, dediti al sacrificio fisico, intensi sulle gambe e capaci di far ripartire l’azione in modo rapido ed efficiente. Appurato che Van Bommel è l’ombra di se stesso, con i suoi 35 anni fatti di vittorie e trofei, in difetto di lucidità, grinta e dinamismo, e che de Jong, buon giocatore, ma non un centrocampista capace di far la differenza, la domanda giusta è: c’era la possibilità di adottare qualche accorgimento tattico capace di offrire più compattezza alla squadra? E’ spesso risaltato agli occhi degli spettatori l’enorme spaccatura che intercorreva tra le linee del basso centrocampo e quelle dell’attacco.
Discorso stelle (comete). I quattro talenti di turno lì davanti hanno faticato molto, troppo, e sono stati incapaci di fare la differenza.
Sneijder, gioiello di matrice interista, è apparso opaco, poco incisivo palla al piede ed incapace di dettare i tempi nella manovra offensiva. E’ quasi retorico affermare che, da un giocatore che solo due anni fa puntava a vincere il Pallone d’oro, ci si aspettava estremamente di più.
Afellay, giovane molto interessante oggi al Barcellona, ha almeno l’attenuante di essersi infortunato lo scorso 22 settembre in maniera grave, riportando la lesione del crociato destro, e rimanendo lontano dai campi di gioco per almeno sei mesi, senza tener conto comunque della giovane età.
Robben. A detta di molti il miglior esterno destro in circolazione negli ultimi anni. Arjen dalla Baviera, giocatore dalle indiscutibili capacità tecniche, oltre che dai grossi limiti caratteriali e tattici, è potenzialmente capace di decidere da solo la partita. Capace di saltare l’uomo con una facilità sorprendente, abile nel migliorare il tiro dalla distanza, il giocatore è tacciato non raramente di eccessivo egoismo. Spesso, al Bayern di Monaco, ci ha abituato a cose del genere. Quando la pressione ambientale cresce, l’olandese risulta sempre meno incisivo. E’ successo quest’anno in più di un’occasione, in finale di Coppa di lega tedesca persa col Borussia Dortmund 5-2, in finale di Champions persa con la sua ex squadra, il Chelsea, ai rigori. E’ successo nella partita che avrebbe potuto sancire la riapertura dei giochi per la conquista della Bundesliga, sempre contro il Borussia Dortmund. E’ successo anche con l’Olanda. Per il ventottenne da Bedum il Pallone d’oro rimane, ovviamente, ancora un miraggio.
Van Persie. Uomo mercato dell’anno, giocatore chiave per le manovre offensive dell’Arsenal, talento puro e discontinuo. Robin Van Persie è tutto questo. Segnalato come il giocatore chiave anche per l’Olanda, bocca di fuoco per eccellenza del team di Van Marwijk, cannoniere principe della Premier appena conclusasi, giocatore polivalente, capace di goal spettacolari, cinici, ampia visione di gioco, dribbling efficace, Van Persie ha estremamente deluso in questa rassegna europea. Il giocatore di Rotterdam ha messo a segno un solo goal nella competizione, indubbiamente bello, ma purtroppo inutile, ai danni della Germania, nella partita persa 2–1.
Huntelaar e Van der Vaart. Appena chiamati in causa, i due gioielli della panchina non hanno brillato, ma neanche deluso. La stella del Tottenham, per la precisione, si è reso protagonista ieri sera di una prestazione positiva contro il Portogallo, mettendo a segno quello che per 17 minuti è stato il goal vittoria della sua squadra.
Probabile rifondazione in vista per i tulipani, e diventa plausibile il cambio della guida tecnica in vista dei Mondiali 2014 in Brasile.