di Giacomo Palombino
La dea della musica, o forse, vista l’occasione, del jazz, ha sicuramente accompagnato, o quanto meno preso a cuore, il festival di Atina. La scorsa Domenica, mentre gran parte della provincia era sommersa da una pioggia torrenziale, il piccolo paese della Val di Comino è rimasto immune dal brutto tempo. Fortuna o provvidenza che sia, fatto sta che, grazie al leggero soffio di un vento “tempestivo”, si sono allontanate le nubi che avevano fatto presagire spiacevoli inconvenienti nel tardo pomeriggio, permettendo la realizzazione di un concerto stupendo. Sono poche le parole per descrivere quello che Stefano Bollani e Hamilton De Holanda sono riusciti a creare sul palco.
Bollani è sicuramente uno dei musicisti meno convenzionali del nostro paese: se molti ancora vedono il jazz come un genere di nicchia, come musica per pochi, il pianista è la prova vivente che così non è. Presentandosi in maniera semplice, con quella simpatica faccia un po’ trasandata, con quel suo modo di saltare, muovere le gambe, suonare il piano in tutte le posizioni immaginabili, riesce a stabilire un contatto solido con il pubblico trasmettendo la sua gioia, la sua affinità con lo strumento, dritta nelle orecchie e negli occhi degli spettatori. Certo, il jazz è e continuerà ad essere un genere raffinato, complesso, sia da suonare che da ascoltare: ma ciò che è raffinato non può, o meglio, non deve, essere un tabù, soprattutto per i più giovani.
Probabilmente la maggior parte del pubblico era lì, la scorsa sera, desiderosa di ascoltare il pianista milanese, con una certa diffidenza nei confronti dell’artista che si sarebbe esibito al suo fianco, Hamilton De Holanda, stato d’animo dettato, più che altro, da un maggior interesse per Bollani; in realtà, se si è trattato di diffidenza, questo atteggiamento è stato superato subito dopo il primo brano. Hamilton è stata un’ulteriore conferma della qualità di musica non inaccessibile che assume il jazz: con il suo mandolino, l’artista brasiliano è riuscito a coinvolgere la piazza, ad intrattenere gli spettatori, ad incastrare il pubblico all’interno di una musica senz’altro colta, ma che è stata percepita in maniera immediata.
Insomma, parliamo di un’artista alternativo, di uno strumento fra i più popolari (nel senso tecnico della parola), ma stiamo pur sempre parlando di jazz. Chi ha avuto la fortuna di trovarsi nel centro storico di Atina, la scorsa sera, ha assistito, prima ancora che ad un grande concerto, ad una grande lezione di musica.